La barchetta di cristallo

La barchetta di cristallo

Nota di Beppe Benvenuto

Un gioiello venuto dalla Cina; e due case, due stili di vita, due morti: il Commissario De Vincenzi è l'unico a capire che quel gingillo di apparenza banale, tragicamente, li collega. Un nuovo romanzo dell'inventore del giallo italiano.

«Nel romanzo poliziesco tutto partecipa al movimento, al dinamismo contemporaneo: persino i cadaveri che sono anzi i veri protagonisti dell'avventura. Nel romanzo poliziesco ci riconosciamo quali siamo: ognuno di noi può essere l'assassino o l'assassinato». Fresco e modernissimo, il genio narrativo di De Angelis - e si capisce anche da questa caratterizzazione del giallo come il genere che parla da vicino della realtà vera e dell'umanità che la abita. Il suo commissario, De Vincenzi, è destinato a restare nella memoria un tipo di investigatore «annusante», come Maigret, che cerca di assorbire le atmosfere prima di tutto, per capire i contesti esistenziali in cui matura, da cui deriva, il crimine; e si muove lento, senza ansia, da una portineria a un bar, a un appartamento, in attesa che l'evento, l'oggetto, l'incontro, la frase rivelatori, facciano balenare l'intuizione giusta: poi basta seguirla con pazienza minuziosa per sciogliere il triste mistero del crimine. E trovare una conferma in più del proprio pessimismo sulla vita. La barchetta di cristallo è del 1936: un prezioso gingillo, in apparenza una piccola cosa di pessimo gusto, collega due case, due stili di vita, e due morti, un marchese nobilissimo e un vecchio ex capitano di lungo corso dalla vita eccentrica e notturna. Due mondi diversissimi. Sembrano all'inizio uniti casualmente solo dalla comune frequenza, da parte dei diversi soggetti, di un circolo culturale, in realtà una bisca, i cui locali, come una metafora viva, stanno nel mezzo tra i due ambienti. La traccia appare a De Vincenzi quando si accorge di quanto spesso torni, nelle varie biografie, l'aver soggiornato in una città della remota Cina. E placido la segue. Ma le differenze con Maigret, al quale è stato spesso avvicinato, in verità sono profonde: De Vincenzi è un raffinato poeta, anche se non esibisce la sua dote, come i tanti investigatori dandy alla Philo Vance; non sembra soddisfatto di fare il commissario; è un colto lettore, ma non fa mostra di cultura; è un appassionato di psicologia, un freudiano (in un tempo, il ventennio fascista, in cui parlare di inconscio era già rendersi sospetti) e, in effetti, questo non lo nasconde. A volte, distante distaccato e taciturno, sembra osservare la scena proprio come da seduto dietro il lettino dello psicanalista.

1 Gennaio 2004

La memoria n. 601

280 pagine

EAN 9788838919657

Formato e-book: epub

Protezione e-book: acs4

Autore

Augusto De Angelis, nato a Roma nel 1888, incarcerato per antifascismo nel 1943, e morto a Bellagio nel 1944 per le percosse subite in un’aggressione fascista. Il commissario De Vincenzi fu portato in televisione negli anni Settanta del Novecento da Paolo Stoppa per una serie di sceneggiati. È protagonista di quindici romanzi scritti tra il 1935 e il 1942 di cui questa casa editrice ha già pubblicato: Il mistero delle tre orchidee (2002), L’Albergo delle Tre Rose (2002), Il mistero di Cinecittà (2003), La barchetta di cristallo (2004), Il candeliere a sette fiamme (2005), L’impronta del gatto (2007), Giobbe Tuama & C. (2008), Il banchiere assassinato (2009), Sei donne e un libro (2010) e Il canotto insanguinato (2014). Tre romanzi della serie sono stati anche riuniti nella collana «Galleria» col titolo Il commissario De Vincenzi.

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