Il cammello e la corda

Il cammello e la corda

Le grazie di Minuzza turbano dolorosamente padre Salvatore. E mentre il parroco cerca di contrastare la prepotenza del desiderio, emergono dal passato remoto le vestigia di un'altra lotta intorno alle forze della vita.

Padre Salvatore, prete ligio e conformista sia all’ordine gerarchico della chiesa che a quello sociale del paese in cui è parroco, è tormentato dalla tentazione. Questa si incarna in Minuzza, giovane vedova bianca: la sua fisicità sottomessa, la disponibilità allusiva e deferente, il timore che ceda alle profferte di altri gli si accampano nella mente e, come una doppia volontà sconosciuta e incontrollata, conducono moventi e movimenti verso un esito fatale. Nello stesso tempo la tentazione prende un’altra veste. Durante un partita di caccia solitaria, padre Salvatore si imbatte in una meraviglia; il cane ha scavato il varco di un grotta sepolta e nell’antro il parroco scopre le statue conturbanti che ornavano un giardino di Venere con tutte le pose dell’amore carnale. Come in archetipi immortali, la grazia e l’eros vitali esplodono nella loro divina bellezza: una minaccia, agli occhi del prete, ancora più insidiosa di Minuzza. Fu per la forza di questo loro simbolismo che il proprietario, Atenodoro padrone e sacerdote del tempio in cui si celebravano i culti alla dea dell’amore, volle preservarle ai posteri. Il racconto arretra nel tempo, nella fase convulsa e violenta di trapasso tra il paganesimo e il cristianesimo, quando Atenodoro cercava di celare il suo giardino erotico alla furia purificatrice dei «seguaci del falegname», al gelido odio del nuovo potente, il diacono Giustino. E la stessa ossessione, fatta di attrazione e ripulsa, scavalca il ponte del tempo: la tentazione che padre Salvatore soffre in Minuzza, si moltiplica verso le statue. E non sa che farne, se distruggerle per sottrarre gli altri al turbamento che prova lui stesso, oppure consegnarle mutilate dei segni più espliciti dell’amore, o lasciarle sepolte. Così come non sa che fare di Minuzza, respingerla definitivamente o accettarla e proteggerla. Alla fine, secondo la sua pratica e la sua saggezza, padre Salvatore troverà la soluzione. Ed è una soluzione ironica, sferzante, che trasforma questa rappresentazione dell’eterna contesa intorno alle forze della vita in un apologo di energia quasi ottocentesca contro l’ipocrisia e l’intolleranza religiosa.

2006

La memoria n. 675

334 pagine

EAN 9788838921100

Formato e-book: epub

Protezione e-book: acs4

Libro 11 euro

Autore

Domenico Seminerio (Caltagirone, 1944) insegna Lettere nel liceo classico della sua città. Ha pubblicato con Sellerio il suo primo romanzo Senza re né regno (2004), Il cammello e la corda (2006) e Il manoscritto di Shakespare (2008). Altre sue opere, due poemetti e studi archeologici sul territorio di Caltagirone. 

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