Trent'anni prima dei reality una farsa crudele sul potere-corpo della televisione: una giovane donna in miseria vende il suo caso umano al «Premio bontà classe juniores» e vende tutta se stessa.
Al centro dell’azione è la collaborazione mediatica tra un giornale e una trasmissione televisiva: il giornale fornisce il caso umano, la tv lo apparecchia in studio corredandolo di pubblico e pubblicità. «La prima», è fatta su una bambina, «Premio bontà classe Juniores C», presentata come l’angioletto che veglia, nel monolocale, sul fratellino: non dorme per tenere lontani da lui scarafaggi e topi scorrazzanti nell’edificio all’infimo del degrado. Nello stesso palazzo, allo scantinato, abita «la donna», la protagonista centrale del romanzo, con le sue due bambine: è vedova giovanissima di un ragazzo morto per una malattia non curata, è ignorante, abituata alla sottomissione e manca di ogni risorsa, e sul punto di morir di fame. L’illusione dei buoni sentimenti televisivi la tenta a diventare lei il caso umano da rappresentare sullo schermo. Tutto quello che non ha è insufficiente a richiamare attenzione e aiuti, e allora escogita un sistema: si mutila. Ma anche la prima mutilazione non basta a soddisfare i produttori, ancora «non costituisce una vera e propria storia», soprattutto lei pretende di proteggere la dignità delle bambine: ma «la dignità – le dice il direttore – è un lusso». Non le resta che continuare i passi successivi verso il suo «gran finale con lacrime e baldoria». Intorno a questa ferocia si muovono figure grottesche che sembrano comunicare solo per infliggere violenza psicologica; giornalisti resi del tutto insensibili dalla frustrazione del successo e dell’insuccesso; medici ammonitori sulla «santità del corpo umano» con chi si consuma d’inedia; bambini e madri strumentalizzati fino all’istupidimento; vicini abbrutiti nell’egoismo da vite chiuse e miserabili; gente che passa diventata un pubblico famelico di sensazioni: tutti soffrono, ma nessuno ha pietà. È una parabola cupa e sarcastica, tesa di umorismo crudele, questa di Bordon, datata sorprendentemente – e profeticamente: quasi un’antiutopia – 1974: ben prima del trionfo della televisione che fa spettacolo della sofferenza togliendo alla sofferenza concreta e alle sue cause ogni realtà agli occhi di ciascuno. Eppure è questo il suo bersaglio: l’attuale sistema di informazione spettacolo e affari, che risucchia il contenuto umano allo stare assieme e che di questa sottrazione si autoalimenta. Nei suoi romanzi, in questo come nel Canto dell’Orco (del 1985 e ripubblicato da questa casa editrice nel 2008), la solidarietà, la fratellanza sembrano un ultimo residuo relegato tra personaggi estremi, freaks predestinati al pubblico stigma.
2009
La memoria n. 793
236 pagine
EAN 9788838924231
Furio Bordon è nato e vive a Trieste. A ventisei anni lascia la professione di avvocato per dedicarsi alla scrittura e alla regia teatrale. Ha diretto il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia, il Teatro Romano di Trieste, il Mittelfest Prosa di Cividale.
Il suo maggior successo, Le ultime lune, è stato tradotto e allestito all’estero in venti lingue. Con questa casa editrice ha pubblicato Il canto dell’orco (2007), A gentile richiesta (2009) e Il poeta e il suo mostro (2024).
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