Peppe Radar

Peppe Radar

Una microstoria di straordinaria scrittura e spessore. Uno spaccato arguto di quello che fu il 1948 in Sicilia.

«E dire che era cieco fin dalla nascita! Ma come se lo sarà rappresentato il milieu entro cui si muoveva con cosi sovrana padronanza, come avrà ricostruito nella sua mente quell'universo di soli suoni e di sole voci? Mistero profondo. Né bastava a dissiparlo il corredo di un udito finissimo, ipersensibile, che gli consentiva di distinguere una per una le sonagliere dei sette carretti dei sette figli di Neli il Modicano. Fu proprio in virtù di questa eccezionalità acustica che si rese socialmente utile, quando capitò che aerei americani sorvolassero minacciosi la collina dei Tanarizzi che a strapiombo incombeva sul paese. Alcuni scanazzati piazzaioli, non si seppe mai se più balordi che buontemponi, pensarono bene di ricorrere a lui per una inaudita prestazione. A gran fatica riuscirono a trascinarlo fino alla sommità dei Tanarizzi; e ve lo lasciarono con viveri per una giornata, e tromba sonora per segnalare al paese sottostante eventuali incursioni nemiche. Per alcuni giorni la cosa funzionò, perché Radar - da tutti ormai così denominato - riuscì ad allertare la gente con notevole anticipo, prevenendo l'arrivo di aerei peraltro innocui a dispetto del fuggifuggi che provocavano. Poi i giovinastri si stancarono di portargli la pasta ad ogni mezzogiorno, e lo lasciarono li solo ed affamato. Cominciò allora a suonare la tromba immotivatamente, suscitando ingiustificati allarmi e scompiglio indicibile; fino a quando qualcuno, resosi conto dell'equivoco, non lo andò pietosamente a prelevare». Con rigore storico a cui fa da contrappunto la narrazione fluida e ironica, il linguaggio intenso ed efficace, si snoda la vicenda di Peppe Radar - banditore di un paese dell'entroterra siciliano - che attraverso i suoi proclami ritma gli anni dell'occupazione delle terre, delle lotte contadine, dell'emigrazione, diventandone, in questo romanzo di Salvatore Nicosia, l'emblema.

Autore

Salvatore Nicosia (1940) è ordinario di Letteratura greca nella Università di Palermo. Tra le sue opere: Teocrito e l’arte figurata (Palermo, 1968), Tradizione testuale diretta e indiretta dei poeti di Lesbo (Roma, 1976). Ha curato la traduzione e il commento dei Discorsi sacri di Elio Aristide (Milano, 1984) e il volume miscellaneo La traduzione dei testi classici. Teoria prassi storia (Napoli, 1991). Con questa casa editrice ha pubblicato Il segno e la memoria. Iscrizioni funebri della Grecia antica (1992).

Altri titoli in catalogo

Suggerimenti

Chi ha consultato la pagina di questo libro ha guardato anche:

X

Suggerisci il libro ad un amico

Caro lettore, inserisci i tuoi dati e quelli di una persona alla quale desideri inviare questa segnalazione. Puoi inoltre aggiungere un messaggio per personalizzare la e-mail.

Leggi e accetta l’informativa sulla privacy ▽

X

Inviaci la tua recensione

Caro lettore, se desideri puoi inviarci la tua recensione di questo libro e condividerla con altri lettori.
I contenuti inseriti in questa pagina saranno pubblicati sul sito nei prossimi giorni, previa valutazione dell’editore.

Massimo 1800 caratteri

Leggi e accetta l’informativa sulla privacy ▽

X

Scrivi all’autore

Cari lettori, se volete scrivere ad uno dei nostri autori saremo lieti di inoltrare le vostre lettere.
Tuttavia, vi ricordiamo che non possiamo assicurarvi una risposta.

Leggi e accetta l’informativa sulla privacy ▽