I siciliani deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti 1943-1945

I siciliani deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti 1943-1945

La deportazione dei siciliani nei campi di sterminio attraverso le memorie dei testimoni sopravvissuti. Una pagina di storia fino ad ora mai scritta.

Mancava uno studio, completo e documentalmente costituito, sulla deportazione dei siciliani nei campi di concentramento e di sterminio nazisti. Una mancanza non innocente, perché fondata su una falsa convinzione corrente: l'idea che i siciliani, per via della precoce liberazione nel luglio del 1943 con lo sbarco alleato, fossero stati immuni dall'esperienza concentrazionaria. Questo studio è il primo completo sull'argomento: un primato da sottolineare per via del valore civile che assume accanto a quello scientifico e storico; e fa immediatamente giustizia di quel pregiudizio. I siciliani non furono risparmiati dalla conoscenza dei campi di concentramento: «in primo luogo perché in Calabria, Sicilia, Molise e Campania esistono sin dal 1938 campi di concentramento eretti dal regime monarchico-fascista, destinati agli ebrei stranieri ed agli antifascisti; in secondo luogo perché la mobilità creata dalla guerra attraverso il servizio militare fa sì che molti meridionali si trovino dopo l'8 settembre sbandati e contemporaneamente tagliati fuori dalle zone di residenza, perciò particolarmente vulnerabili ai rastrellamenti nazifascisti. I nati in Sicilia che finiscono nella rete concentrazionaria dipendente da Heinrich Himmler e dal suo apparato SS sono 761». Un numero ben più importante, quindi, dei pochi casi creduti. Ragion per cui questa indagine è articolata, soffermandosi, non solo sulle cause, i numeri e l'esperienza della deportazione, ma anche sul «ritorno difficile», l'insieme delle circostanze storiche, politiche, ideologiche e umane contribuenti alla cancellazione della memoria del lager, risposta cioè alla domanda più dura e difficile di tutte: perché si preferisce dimenticare? Una risposta che coinvolge dolorosamente ben al di là degli atteggiamenti individuali e dei pudori personali e riguarda la particolare selezione (la censura, forse) sulla memoria e sull'oblio che il presente e i suoi interessi hanno esercitato sul passato e la sua verità. Il volume si basa, oltre all'altra documentazione archivistica e cartacea, sulle testimonianze dirette dei deportati in forma di intervista sui diversi temi in cui si approfondisce la ricerca: prima del lager, il lager, il ritorno e la memoria, a ognuno dei quali è destinata una sezione del libro. In due appendici sono riportati, rispettivamente, i dati, le statistiche, gli elenchi dei deportati e le schede biografiche di ciascuno dei protagonisti, e il testo integrale delle interviste.

Autore

Giovanna D’Amico ha conseguito il dottorato di ricerca in Studi storici presso l’Università degli studi di Trento. Tra le sue opere più recenti: La reintegrazione degli ebrei nell’Italia postfascista. Sulla genesi di una legislazione, in «QualeStoria», n. 2, 2004; Storia e storiografia della persecuzione antiebraica in Italia ed in Europa. Militanti antifascisti ed operai deportati nei Lager nazisti (con Francesco Cassata e Giovanni Villari), in «Storia e memoria», atti del Convegno «Radici sociali della nostra democrazia. I lavoratori italiani nella Resistenza» (n. 2, 2004), a cura dell'Istituto ligure per la storia della Resistenza e della società contemporanea e di CGIL-CISL-UIL. Fa parte del gruppo di ricerca che lavora alla ricostruzione della deportazione degli italiani nei campi di concentramento e di sterminio nazisti, coordinato da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia, presso il dipartimento di Storia dell’Università di Torino.

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