«Rendere più vera la verità». Ogni racconto ha una sorta di «conclusione in cielo» per dare ai morti gli ultimi cinque minuti, una parola ancora «prima del silenzio». Che è un modo antico di stare dentro la notizia.
Questi racconti brevi, pubblicati da un giovanissimo Igor Man nel 1951, in un libro che portava la prefazione di Enrico Falqui, muovono, ciascuno, da un fatto o fattaccio di cronaca, elevandolo - in modo assai particolare -, a elzeviro, a simbolo, a riflessione: vale a dire a letteratura. E appartengono a quel tipo di narrazione che muove non soltanto dall'ispirazione dell'autore, dal sue sentire i fatti e raccontarli ma altresì dal clima, dall'ambiente nel quale l'autore è vissuto e si è formato: quello del Caffè Rosati di via Veneto negli Anni Cinquanta, in un momento felice della nostra cultura. Il Caffè di Flaiano, di Brancati, di Monelli, di Pannunzio, di Barzini junior, di Gorresio, di De Feo, dove Igor Man veniva accolto, insieme con pochi altri giovani, a imparare un giornalismo che era mestiere e arte, informazione ma anche uno «stare dentro la notizia»; che comportava scavarla dal suo interno per trovarvi il senso di una riflessione morale ed esistenziale. A proposito di queste cronache con forma di racconto, Falqui parlava di «trasfigurazione fantastica», di «risonanza poetica». E, per una volta, la cifra che vi annetteva Falqui è ascrivibile oltre che alla tensione narrativa a un risultato visibile del racconto: «rendere più vera la verità». Ogni racconto ha una sorta di «conclusione in cielo» per dare ai morti gli ultimi cinque minuti, una parola ancora «prima del silenzio». Che è un modo antico di stare dentro la notizia.
1 Gennaio 1992
La memoria n. 257
112 pagine
EAN 9788838908279
Igor Man è editorialista e inviato speciale della «Stampa». Studioso e tra i massimi esperti del mondo islamico, ha pubblicato recentemente Diario arabo, tra il serio della guerra e il sacro del Corano (Premio Estense 1992).
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