Della tolleranza

Della tolleranza

Nota di Alberto Bertino
Con un saggio di Pietro Paolo Trompeo

«Tra le parole che il fascismo abolì e che noi vorremmo ora riporre in grande onore, c’è anche la parola forse». Gli interventi, penetranti e profetici, di un giornalista libero contro gli stili da regime del dopoguerra.

«Tra le parole che il fascismo abolì e che noi vorremmo ora riporre in grande onore c'è anche la parola forse». Naturalmente, col termine «fascismo», Pancrazi - critico letterario, osservatore di costume, commentatore di idee - riassumeva tutti gli stili da regime, contro cui si scontrava la sua opera, di liberale, per l'affermazione della libertà. E sono gli stili da regime come si andavano già ripresentando negli anni Quaranta (l'intolleranza, la professione di idee che diventa propaganda, lo stato interventista in questioni culturali, l'ipocrisia moderatista, la critica letteraria retorica e fine a se stessa), l'obiettivo della paziente e acuta profondità, ironica e di chiara eleganza, di questi scritti pieni di «forse». Li raccolse, in un volume del 1955 pubblicato da Le Monnier, Pietro Paolo Trompeo (unendo saggi del '45, '46 e '47 per riviste varie, a partire da una presentazione, scritta tra il 1943 e il 1945, del Contr'uno,l'opera antitirannica di La Böetie,nella quale rovescia arditamente la visione tradizionale di esercitazione retorica) e offrono una galleria delle speranze postbelliche di utile e piacevole rassegna. Un diario minimo degli anni del Dopoguerra, in cui si preparava il cantiere della Repubblica, vergato da «un intellettuale giornaliero» che aborriva i grandi voli e gli eccessi, così come i critici che credevano di rivolgersi all'eternità. E per questo suo essere capace di restare fedele all'esperienza comune, capace anche di parlare oltre i suoi tempi, in tutti quelli, almeno, in cui si senta il bisogno di ricavare dal «nostro ritratto morale di ieri, impliciti, alcuni utili avvisi per domani».

Autore

Pietro Pancrazi (1893-1952) scrittore e critico, fu redattore di numerose riviste italiane e di quotidiani, dove esercitò un’attività di critico militante attenta a tutte le tendenze nuove, curiosa, capace di scoperte, e condotta sempre in uno stile colloquiale e aperto. I suoi saggi critici sono raccolti in varie opere tra cui: Scrittori d’oggi (1942-53), Nel giardino di Candido (1950). Scrisse racconti favolistici (Esopo moderno, 1930) e prose di viaggio (Donne e buoi dei paesi tuoi, 1934).

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