Gli anni recenti sono stati anni di rinascita delle riflessioni filosofiche consacrate all’estetica. La cosa più notevole è che questi dibattiti hanno trovato, almeno per il momento, un’eco pubblica al di là della sfera ristretta dei filosofi di professione, soprattutto in quell'ambiente che suole denominarsi il «mondo dell’arte» (delle arti plastiche). Da qui alla credenza che possa esistere e rinascere una dottrina estetica in se stessa, concepita come una teoria filosofica fondatrice del concetto di bello – alla speranza cioè che la filosofia possa tornare a dominare sull’arte e la sua riflessione –, non resta che un passo, che certi filosofi hanno creduto di dover compiere. Questo testo ha come scopo quello di dimostrare l’arbitrarietà di questo passaggio, costruito su una credenza illusoria, o su una speranza inaffidabile: proprio nel suo rinascere, a causa di esso o attraverso di esso, l’estetica si approssima al suo definitivo addio. «La vera posta in gioco – dice Schaeffer – nei dibattiti non era tanto l’estetica come disciplina filosofica, quanto l’esperienza estetica come rapporto con il mondo. La mia diagnosi mi porta ad affermare che la riflessione sull’oggetto dell’estetica è riuscita, in effetti, a mettere in evidenza i tratti distintivi dei fatti estetici, ma questi sono tali da vanificare il progetto e le speranze che sono alla radice stessa dell’estetica in quanto dottrina filosofica».
2002
Le parole e le cose n. 1
88 pagine
EAN 9788838918315
Jean-Marie Schaeffer, ricercatore di filosofia presso il CNRS di Parigi, autore di L'art de l'âge moderne. L'esthétique et la philosophie de l'art du XVIII siècle à nos jours, Gallimard.
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