Sei saggi politici sulle riforme possibili in Sicilia, luogo in cui fortissimo è il culto della memoria e fragili i progetti per l'avvenire. Una analisi acuta sul conservatorismo siciliano.
Nel dialetto siciliano la forma del futuro non c'è. Come se esistesse un'incapacità storica o una paura a dare espressione al tempo che verrà, a nominare l'evoluzione, a riconoscere dignità di linguaggio al domani. Nulla, in una lingua, avviene ovviamente per caso. E chi conosce la storia della Sicilia, sa bene come fortissimi siano il culto dei morti e della memoria e quanto fragili invece i giochi della speranza, i progetti elaborati per l'avvenire. Bravissimi, i siciliani, a rimpiangere il passato, a dissacrare il presente, a costruire barriere d'ironico disincanto per ogni rivoluzione o anche solo per i tentativi, di cui la storia reca comunque tracce, di fare emergere novità. Ci sono d'altronde i vinti di Verga, l'incapacità pirandelliana d'identificare una forma razionale del mondo, l'«irredimibilità» di Tomasi di Lampedusa, a dare pur recente dignità di cultura all'ostilità siciliana per il futuro. Così, ragionare di una possibile «alba della Sicilia», come si tenta di fare in questo libro, è un po' una sfida a certe abitudini, a remore ben radicate. Senza pretendere ovviamente né di trovare nuove forme alla lingua né di vincere una volta per tutte le espressioni d'antiche radici, l'obiettivo dei sei saggi è cercare di dare espressione «politica» ad un'esigenza che ci pare di cogliere, forte comunque, in questi controversi tempi di trasformazioni: individuare i modi, le forme e gli strumenti perché la Sicilia possa avervi un ruolo da protagonista, abbandonando le strade della conservazione, uscendo finalmente da un'intollerabile marginalità. Tra le regioni italiane, la Sicilia è forse quella su cui esiste la più vasta letteratura. Eppure, la saggistica politica sulle riforme possibili, in Sicilia, è quanto mai esigua. Colpa, forse, d'una prolungata disattenzione di tutto il paese ai nodi della «questione meridionale» ma soprattutto d'una crisi generale della classe dirigente siciliana, incapace di progettare il futuro e, da qualche tempo, perfino inadatta a gestire dignitosamente il presente. Questo, dunque, vuole essere un libro innanzitutto «politico» per riaprire un dibattito sul nostro futuro e parlare, con concretezza progettuale, di rapporti tra la Sicilia e l'Europa (Vito Riggio), di riforme dello Statuto autonomista (Giovanni Pitruzzella), del rinnovamento della pubblica amministrazione (Guido Corso), degli strumenti per una ripresa economica (Pietro Busetta e il presidente di Confindustria Giorgio Fossa, nella sua introduzione), delle occasioni perché la forza della cultura siciliana si traduca in stimoli per lo sviluppo (Piero Violante). Il mestiere intellettuale, come insegna Max Weber, è anche mettere ordine nella complessità, valorizzare risorse. Da siciliani, si potrebbe aggiungere: dare alla memoria un futuro. Antonio Calabrò
Testi di: Antonio Calabrò, Vito Riggio, Giovanni Pitruzzella, Guido Corso, Pietro Busetta, Piero Violante.
1 Gennaio 1996
La nuova diagonale n. 21
248 pagine
EAN 9788838913020
Non disponibile
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