Il resoconto della difesa di Socrate, contro un'accusa di empietà che nascondeva, in realtà, motivazioni «politiche».
Socrate fu condannato a morte nel 399 a.C., perché empio e corruttore di giovani, in realtà per motivi politici, da un tribunale composto da cinquecento giurati estratti a sorte su una lista di seimila cittadini ateniesi. La morte fu votata con una maggioranza (280 contro 220) assai più ristretta di quanto lasciassero prevedere gli umori antisocratici della città; e Socrate non volle mutare la pena, pur potendolo, con l'esilio, per non sottrarsi all'imperio delle leggi della sua città, e per lasciare agli ateniesi un segno durevole dell'opera sua. Il celeberrimo resoconto del processo di Socrate, che ne fece il giovane Platone, è stato interpretato e riletto nei modi più diversi. Da questa versione dell'Apologia Luciano Canfora estrae una domanda, che è certamente la domanda di Socrate: la maggioranza può tutto? Che vita attende una democrazia che non sia anche educazione permanente alla democrazia?
1 Gennaio 1994
Il divano n. 84
108 pagine
EAN 9788838910616
Non disponibile
Platone (Atene, 428/27-347 a.C.) si dedicò alla filosofia fin da giovane studiando le dottrine eraclitee e quelle eleatiche. Allievo di Socrate, a differenza del maestro, lasciò molti scritti, per lo più in forma di dialoghi: il Critone, il Carmide, il Protagora, il Gorgia, il Menone, il Simposio, il Fedone, la Repubblica, il Fedro ecc..
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