Il ritratto di Don Giovanni d’Austria, bastardo di Carlo V, a cui il fratellastro Filippo II regnante affida l’armata che dovrà difendere la cristianità nella battaglia di Lepanto. Un ritratto in cui Leonardo Sciascia, in una splendida introduzione, vede il volto demoniaco e folle del potere.
L’Armada, prodigioso romanzo del 1936 travolto dai travagli della storia (come accadde all’autore di cui si perdono le tracce, demente in un ospedale) è innanzitutto il ritratto di Don Giovanni d’Austria, bastardo di Carlo V, a cui il fratellastro Filippo II regnante affida l’armata che dovrà difendere la cristianità nella battaglia di Lepanto. Un ritratto in cui Leonardo Sciascia, in una splendida introduzione, vede il volto demoniaco e folle del potere.
Il romanzo comincia nel 1546, a Ratisbona, con l’«inquadratura» di Carlo V presente in città per contrastare i principi ribelli. E «inquadrare» definisce appropriatamente la prosa sinuosa di Zeise: fortemente visiva, sembra spostarsi come lente su un paesaggio, ora a ingrandire particolari minuti ora ad allargare panoramiche. Tutti credono l’imperatore assorto in grandi progetti, lui invece, chiuso in camera, con i ferri da calza intreccia una nappa per la spada e di notte rivive gli incubi della madre pazza. Per sedarne l’inquietudine morbosa, un cortigiano gli introduce in stanza la bella figlia di un mastro cintaio. Così l’Imperial Bastardo sarà il frutto della malinconia di un vecchio. Il romanzo ne seguirà la sorte fino all’estremo giorno da governatore sotto le torri di Namur, in un seguito di forza, follia e passioni drammaticamente culminante nella descrizione della battaglia di Lepanto ma senza che mai si alzi sguardo da questa misura terrestre e bassa con cui abbiamo scorto all’inizio l’incubo dell’imperatore. Pulsa d’intensissima vita l’«impero» di Filippo II. Dalle anse del Duero, alle città dei Paesi Bassi, al Mediterraneo luccicante. Mondo confuso, brulicante e ardente, di miserie e di traffici, di auto da fé e ferocie plebee, di lanzichenecchi e prostitute, e hidalgos, impastati di orgoglio, di vendette e di guerra. E in questo moto continuo, qui e là si accendono in rilievo le figure dei grandi: Andrea Doria, il veneziano Venier, Marcantonio Colonna, il Grande Inquisitore, la cortigiana Fanitza, il gran Capudan campione dell’Islam, il cardinal Farnese e il papa Pio.
Scritto nell’atmosfera liberale della repubblica di Weimar, il romanzo uscì fortunosamente dopo l’avvento di Hitler. Cadde quindi, causa il tema e l’atmosfera da «incubo corrusco e oscuro del potere», immediatamente in una semiclandestinità. A questa, in Italia – dopo una prima traduzione dell’editore De Silva – lo sottrasse Leonardo Sciascia, promovendone nel 1977 l’edizione, con l’indimenticabile scritto che ripubblichiamo, e la riedizione nel 1989. E poiché dell’Armada non si è mai parlato abbastanza, lo ripresentiamo oggi al lettore.
9 Febbraio 2012
La memoria n. 876
276 pagine
EAN 9788838926143
Formato e-book: epub
Protezione e-book: acs4
Scarne le notizie di Franz Zeise. Nacque nel 1896 a Myslowitz, Slesia, morì nel 1961, dimenticato, in una casa di riposo presso Amburgo. Fu drammaturgo e romanziere. Di Zeise questa casa editrice ha pubblicato Don Juan Tenorio (1992) e L'Armada (1977, 1989, 2012).
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