«La relazione tra maschio e femmina è per natura quella di un superiore rispetto a un inferiore, di un governante rispetto a un governato» (Aristotele, Politica). Interessante saggio sul ruolo della figura femminile nell'antica Grecia.
Le lettura dei testi significativi del pensiero politico antico mette in luce il difficile rapporto che la figura femminile intrattiene con la città: alla distribuzione dei ruoli sociali, e alle forme di cultura che la accompagnano, presiede la polarità tra il guerriero - il cittadino - e la madre. Tale polarità affiora nella stessa Repubblica di Platone, che pure afferma l'identità di natura culturale tra i sessi e inserisce la donna nella cerchia dei filosofi-re. La cooptazione si associa infatti alla preclusione di conoscere il proprio figlio, all'investimento dell'affettività in un progetto di maternità civica, collettiva. La polarità è eplicitamente asserita da Aristotele nella Politica, che assegna alla donna la funzione biologica: «la relazione tra maschio e femmina è per natura quella di un superiore rispetto a un inferiore, di un governante rispetto a un governato». D'altro canto i modelli ginecocratici offerti dalla tradizione mitico-etnografica appaiono consegnati all'alterità rispetto alla norma civile, procreativa. Essi ripetono, come i filosofi, che la donna è un'impossibile cittadina.
1 Gennaio 1997
Nuovo prisma n. 8
144 pagine
EAN 9788838913143
Silvia Campese (1949) insegna Antropologia storica del mondo antico presso la Facoltà di lettere dell'Università di Pavia. Ha condotto studi sull'antropologia economica di Platone ed Aristotele (Polis ed economia in Aristotele, Napoli 1977, Misthotike, Pavia 1994) e sulla ritualità collettiva nella città greca (La festa e l'educazione del cittadino, in collaborazione con Silvia Gastaldi, Firenze 1987). Ha didicato vari saggi all'analisi della figura femminile e delle relazioni familiari, tra cui Madre-materia. Donna, casa, città nell'antropologia di Aristotele (Torino, 1983).
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