«Cristiano lettore, tu vedi qui tutta la legge cristiana. Non ho trovato che gli indiani siano avidi di oro e argento, né ho trovato chi debba cento pesos, né bugiardi, né giocatori, né pigri, né puttane, né puttani, né che si derubino tra loro. E voi avete idoli nei vostri averi e argento in tutto il mondo».
«Di ottanta anni, tutto canuto e magro e nudo e scalzo» Poma de Ayala - come lui stesso riferisce - viaggiò dalle Ande a Lima, dove affidare a un convoglio il manoscritto della sua Nueva corónica y buen gobierno, perché fosse sperabilmente consegnato a Filippo III re di Spagna. Era il 1615. Poma de Ayala, che era un indio peruviano, non uno spagnolo, apparteneva dunque alla prima generazione di indigeni nati e vissuti sempre sotto il dominio degli uomini di Pizarro; quelli che conoscevano la passata civiltà per i racconti dei vecchi, che accettavano ormai il Nuovo Mondo e la nuova cultura. E nella sua voluminosa storia - in ventiquattro parti, di cui qui è pubblicata la decima, sui primi atti della conquista e le seguenti guerre tra spagnoli per il predominio - intendeva riferire del passato e del presente del Perù, degli eventi leggendari delle origini, sino a quella scoperta rovesciata del Nuovo Mondo che fu, per gli indigeni, l'incontro con la Spagna. Poma de Ayala accetta degli spagnoli lingua, cultura e religione; la sua storia comincia dalla genesi biblica e da Adamo ed Eva; ma inserisce il tutto entro la scansione del tempo dell'antica cultura degli Incas: il suo scopo è come un salvare, un recuperare continuità, dove c'è una cruenta rottura. Un gran desiderio di ritrovare, si direbbe, un senso a tutto questo. E crede di trovarlo in un'espressione che ricorre spesso a descrivere gli eventi di distruzione che racconta: «il mondo è alla rovescia». Significa il ciclico finire nel caos di ciascuna delle cinque età dell'uomo, secondo l'antica cultura peruviana. Ma vi si può agevolmente leggere una specie di ricomprensione dialettica della Conquista, che nessuno spagnolo poté fare, e Poma de Ayala sì, ché leggeva scriveva e raccontava come uno spagnolo ma pensava come un indigeno peruviano: una specie di «forza magica del negativo» capace di mettere il mondo alla rovescia e mostrare la verità sotto la menzogna dell'impresa civilizzatrice. «Cristiano lettore, tu vedi qui tutta la legge cristiana. Non ho trovato che gli indiani siano avidi di oro e argento, né ho trovato chi debba cento pesos, né bugiardi, né giocatori, né pigri, né puttane, né puttani, né che si derubino tra loro. E voi avete idoli nei vostri averi e argento in tutto il mondo».
1 Gennaio 1992
La memoria n. 250
136 pagine
EAN 9788838907876
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