Una rilettura del maestro della drammaturgia novecentesca: i tratti meno noti e consueti di Pirandello-uomo e Pirandello-artista.
Est deus in Pirandello, esclamò Alberto Savinio recensendo I giganti della montagna all'indomani della messinscena dell'ultimo, incompiuto capolavoro del maestro della drammaturgia novecentesca. Lo spettacolo gli aveva lasciato quasi una sensazione di impotenza critica. Pirandello gli appariva il demiurgo di un'arte intesa «come passaggio a un mondo superiore», simile a quella di altri «traghettatori», Picasso De Chirico Stravinski, verso il porto della modernità. Forse per questo prima e meglio dei critici fu capito dagli scrittori, da Verga anzitutto, poi Alvaro, Tozzi, Bontempelli e lo stesso Savinio, mentre all'estero la sua creatività inaugurava una nuova era della scena mondiale, non solo del teatro. Con Il dio Pirandello Borsellino ricostruisce contenuti e forme di quell'evento creativo che ora più che mai sembra esorbitare l'ambito della sua storica modernità e invadere i territori di quella postuma, reale e virtuale: della scrittura e dell'immagine. Il profilo critico-biografico che apre il libro guida all'interpretazione di tutta l'opera pirandelliana nelle varie articolazioni della sua poetica e delle sue forme. La monografia dedicata a Il fu Mattia Pascal, di cui ricorre quest'anno il centenario della pubblicazione, è un ragguaglio tematico molto articolato che annoda la trama autobiografica e strutturale del romanzo. I saggi affrontano oltre a episodi cruciali della vita dello scrittore (tra questi, gli anni berlinesi prima dell'ascesa del nazismo e l'azione in difesa del primato estetico e civile del teatro contro lo spettacolo di massa propagandato dal fascismo), una serie di motivi che popolano i testi narrativi e teatrali e più intensamente manifestano il pathos umoristico dei personaggi in cui si rispecchia anche l'insofferenza dello stesso autore per la sua maschera letteraria e sociale e la sua ricorrente volontà di «rinascere». Maschere della persona pirandelliana deformata alla sua morte tanto da un'ideologia troppo fiscale quanto da iniziative pubbliche al limite del pirandellismo più grottesco sono ridisegnate nelle sezioni conclusive ribadendo le qualità discorsive di una critica che unisce all'incisività del giudizio la fluidità del racconto.
1 Gennaio 2004
Nuovo prisma n. 51
176 pagine
EAN 9788838919831
Nino Borsellino è professore emerito dell'Università «La Sapienza» di Roma dove ha insegnato Letteratura italiana e Storia della critica letteraria. Numerosi i suoi contributi filologici e critici da Dante ai contemporanei. Ha diretto con W. Pedullà la Storia generale della letteratura italiana in 12 volumi (Federico Motta editore, Milano 1999) e con L. Felici gli aggiornamenti del Novecento della Storia della letteratura italiana Cecchi-Sapegno (Scenari di fine secolo, 2 volumi, Garzanti, Milano 2001). A Pirandello ha dedicato un'intensa pubblicistica in parte raccolta nelle varie edizioni di Ritratto e immagi di Pirandello (Laterza, Roma-Bari, ultima ristampa 2000). Ha diretto per Garzanti un'edizione commentata delle opere di Luigi Pirandello (Romanzi e Novelle, Maschere nude, Saggi) e la «Rivista di studi pirandelliani» per il Centro nazionale di Agrigento.
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