Un racconto sulla necessità e il dolore, e il rischio, di essere contemporanei.
«Ma prima di tutto, bisogna ch'io mi liberi di un peso che ho dentro; e che me ne liberi non per una scappatoia, ma sciogliendo il nodo direttamente. Conti con me stesso; esame di coscienza di un letterato: davanti alla guerra», scriveva Renato Serra all'amico De Robertis, direttore della «Voce», un mese prima che uscisse questa riflessione pubblica su se stesso in quanto letterato, e qualche mese prima di cadere, il 20 luglio del 1915, nella trincea del Podgora. Serra, morto trentenne, lasciando scritti sparsi e frammentari, brevi saggi critici, una rivalutazione di Pascoli, una polemica con Croce, è uno degli spiriti più alti e affascinanti del nostro Novecento; sfuggente però al giudizio e alla catalogazione. E sembra voler fuggire, svanire, sciogliersi nella riflessione stessa che avvia in chi lo legge questo Esame di coscienza. Inizia come una domanda sulla guerra, nel cuore di una polemica che divideva allora interventisti dalle varie sfaccettature e neutralisti, ma rapidamente diventa un discorso, aperto, problematico, sul senso del prendere parte, sulla coscienza morale e la vita; e infine sulla vita stessa. Come un racconto sulla necessità e il dolore, e il rischio, di essere contemporanei.
1 Gennaio 1994
La memoria n. 321
108 pagine
EAN 9788838910593
Non disponibile
Renato Serra (Cesena, 1884-Podgora, Gorizia, 1915), collaboratore de «La Voce» pubblicò in vita il volume Le lettere (1914), il resto della sua opera postumo nei quattro volumi delle Opere del 1919-23, tra cui il Saggio sul Pascoli scritto nel 1910. L’Esame di coscienza di un letterato fu pubblicato su «La Voce» del 30 aprile 1915.
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