Dall’ornamento come struttura di Gaudì alla pittura di Dalì, dai motivi ornamentali del manierismo a Matisse e la decorazione in Francia, dalla calligrafia figurativa di Paul Klee all’ornamento astratto modernista: un’inchiesta appassionante nei modi della civiltà, in ciò che hanno di più universale ed essenziale: il superfluo.
«È a Vienna che nacque la polemica che avrebbe aperto alla modernità. L’ornamento è un “crimine” come scriveva Adolf Loos, o uno “stile” come affermava l’Art Nouveau?». È rozza e barbara incompetenza realizzativa oppure è un’astrazione, «un bello libero» che fornisce il paradigma della creazione? Per l’autrice di questo libro che vuole «articolare momenti di vita e di pensiero», e dunque viaggia tra pensieri, opere, luoghi, città e arte, così parlando di filosofia dell’estetica in modo nuovo, un bilancio di tutti i dibattiti, che quell’alternativa ha suscitato, non soltanto dà torto a Loos. Oggi, che il presente l’ha del tutto riabilitato e l’ornamento «è diventato vita, ciò che è sempre stato fin dalle origini», si può meglio mettere in rapporto la modernità con i primi alfabeti plastici dell’uomo così come con le grandi culture e con gli stili di ornamento occidentali e non occidentali. Un ponte nel tempo e nello spazio che supera in tal modo il doppio pregiudizio che ha condannato per secoli l’ornamento: la sottomissione del bello al vero ontologico, e l’identificazione dell’ornamentale con l’esotico, con l’altro, il femminile, «l’orientale». È un doppio binario che indirizza La filosofia dell’ornamento: da un lato la traccia «dell’oriente nell’occidente» (luoghi e città-ornamento, come Venezia o il Giappone, o l’opera di artisti da Matisse a Gaudì a Klee e Warhol); dall’altro l’esame di questioni basilari, teorie e spiegazioni che fondano la necessità dell’ornamento nella civilizzazione in se stessa. Per esempio, tra le altre «volontà artistica» schopenhauerianamente intesa; i tre archetipi formali del lineare, dell’araldico e dell’organico, presenti dai primordi; il rapporto originario con l’erotismo dell’ornamentale quale illustrato dai tatuaggi; la presenza di un eros e un thanathos, ovvero di pulsioni opposte nell’inconscio plastico (quali rappresentate per esempio dallo stile greco od egizio); la piega classica e la piega barocca. Ne risulta un’inchiesta appassionante nei modi della civiltà, in ciò che hanno di più universale ed essenziale: il superfluo.
2010
Le parole e le cose n. 21
140 pagine
EAN 9788838924774
Non disponibile
Christine Buci-Glucksmann è una filosofa francese e Professore emerito all’Università Parigi VIII specializzata in Estetica del barocco, Giappone e Arte digitalizzata. Il suo libro più famoso è Baroque reason: The Aesthetics of Modernity pubblicato in lingua inglese.
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