L’autobiografia di finzione letteraria di Francisco Franco in un romanzo a due voci: quella del dittatore che racconta la sua vita, le sue imprese e quella dell’oppositore, lo scrittore incaricato di scrivere la biografia, che un po’ narra di sé un po’ stringe l’interlocutore con fatti, testimonianze di verità, documenti di ferocia. È il quadro dinamico e inquietante di una «psicopatologia del potere» che si compone pagina dopo pagina.
Un editore di successo, che ha attraversato da cauto oppositore e con astuta prudenza i quarant’anni del regime appena finito, incarica un vecchio amico scrittore di immedesimarsi nel Caudillo per scrivere la sua finta autobiografia, come se quest’ultimo in punto di morte «raccontasse la propria vita agli spagnoli»: «discolpati davanti alla nazione». Marcial Pombo, lo scrittore, accetta. Al contrario dell’editore, egli è figlio di un proletario che ha conosciuto la galera da antifranchista e che ha poi vissuto «usando la paura come strumento di sopravvivenza»; e lui stesso, Marcial, ha condotto quella «vita da talpa» cui era costretta la Spagna dei vinti. Quindi esegue il compito con uno stratagemma: Francisco Franco racconta di sé, dalla nascita fino agli ultimi giorni di vecchietto alquanto confuso nelle mani del cerchio magico di parenti e collaboratori litigiosi, ma lo fa in una specie di intervista. Le sue parole cariche della retorica con cui il dittatore costruiva la propria immagine, sono contrappuntate dai brevi interventi dell’oppositore che un po’ racconta di sé un po’ stringe l’interlocutore con fatti, testimonianze di verità, documenti di ferocia.
È il quadro dinamico e inquietante di una «psicopatologia del potere» che si compone pagina dopo pagina. E in questo è rappresentato anche il dramma di chi si opponeva, un dramma della solitudine e dell’incomprensione oltre che della repressione.
Con biografie di finzione letteraria e di salda documentazione come questo Io, Franco (e come altre, già pubblicate da questa casa editrice: Il pianista e Galíndez) Vázquez Montalbán ha voluto contrastare il panico della libertà tipico dei nostri tempi, mascherato da innocente oblio delle grandi esperienze delle passate generazioni. «Dimenticare il franchismo significa dimenticare l’antifranchismo, lo sforzo culturale etico più generoso, malinconico ed eroico, in cui resistettero manciate di uomini e di donne».
7 Luglio 2016
La memoria n. 1037
1008 pagine
EAN 978 88389 35251
Formato e-book: epub
Protezione e-book: acs4
Manuel Vázquez Montalbán è nato a Barcellona nel 1939. Ha scritto su «El País» e collaborato a numerose riviste culturali e politiche. Col personaggio di Pepe Carvalho ha dato vita a una serie fortunata di romanzi polizieschi, in cui si riflettono, però, le questioni nodali della Spagna post-franchista. Tra essi: Tatuaje, La soledad del manager, Los mares del Sur (tradotto in italiano Un delitto per Pepe Carvalho, Roma, 1982). Nel 1979 è stato insignito del Premio Planeta. È morto nel 2003. Questa casa editrice ha pubblicato Il pianista (1994), Galíndez (2015) e Io, Franco (2016).
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