Il problema della legittimità e della forma dello Stato, la validità delle leggi e del potere, il rapporto tra il diritto e la giustizia: il pensiero di Hans Kelsen, uno dei pensatori più originali e innovativi del ventesimo secolo.
La fama di Hans Kelsen è soprattutto legata alla sua figura di scienziato del diritto, ma il singificato della sua ricerca teorica e in particolare le conclusioni a cui essa giunge non sono meno filosofiche che scientifiche nel senso limitato della parola. Secondo l'autore queste conclusioni sono insostenibili, a partire dalla celebre dottrina della norma base (la famosa grundnorm), che fin dal suo primo apparire era sembrata a molti una delle principali novità scientifico-filosofiche del Novecento. Tale era infatti per molti aspetti, e ancora oggi continua ad esserlo per quanto se ne parli assai meno di un tempo. L'opinione da cui muove questo libretto tuttavia è che essa costituisca l'ultima spiaggia, sostanzialmente inospitale, del positivismo, e che la strada che essa indica non conduca di fatto in nessun posto. In altre parole la teoria centrale della cosiddetta Dottrina pura del diritto documenta la fine del positivismo, e questa fine è logicamente irreversibile. Tuttavia l'autore ritiene che dopo Kelsen non si possa semplicisticamente tornare alle vecchie posizioni giusnaturalistiche senza incontrare le stesse difficoltà nelle quali Kelsen è incorso e che non è riuscito a superare. Se ciò è vero, vuol dire che ci si trova oggi in una crisi radicale della filosofia giuridico-politica tanto più grave quanto più generalmente risulta inavvertita dal pensiero contemporaneo, una crisi le cui conseguenze non mancano di riflettersi quasi specularmente nelle vicende del periodo storico che il mondo sta attraversando. Le questioni teoriche affrontate da Kelsen sono le stesse che il corso attuale delle cose rende presente alla coscienza di tutti: vanno da quelle che si usa chiamare eterne perché appartengono alla storia di sempre - per esempio «la differenza tra un ordine giuridico e il comando di un bandito», «il rapporto fra il diritto e la giustizia», «l'origine delle comunità politiche e la natura delle costituzioni» - a quelle sorte in tempi più vicini a noi e fatte oggetto di interminabili discussioni, prima di ogni altra la discussione intorno ai problemi della democrazia e del diritto internazionale. A queste, che interessano l'uomo comune non meno di quanto non interessino gli specialisti, è impossibile sottrarsi. Ed è sicuramente un viatico prezioso, per coloro che sentono il bisogno di parteciparvi con una agguerrita consapevolezza, l'approfondimento del pensiero di Kelsen, che rimane, indipendentemente dal giudizio conclusivo che si voglia dare sulle sue proposte scientifiche, il maggior teorico del diritto e dello Stato apparso nel ventesimo secolo e il portatore di alcune fra le idee più stimolanti su cui sia oggi utile da ogni punto di vista tornare a riflettere riconoscendone senza pregiudizi l'importanza comunque decisiva. La natura del presente libro è determinata da un tale riconoscimento. Ed è perciò che il suo carattere, lungi dall'essere quello di una critica puramente negativa rivolta alla Dottrina pura del diritto, deriva dallo scopo di offrire una ragionevole prospettiva, delineata nei suoi termini essenziali, che consenta di uscire dalla crisi filosofica che la situazione attuale dei problemi in esso trattati sta provocando senza che si riesca facilmente a vedere quale possa esserne la via di uscita.
1 Gennaio 2006
La diagonale n. 121
200 pagine
EAN 9788838921742
Mario Motta, nato a Torino nel 1923, ha studiato lettere e filosofia in quella città e ha partecipato alla Resistenza in Piemonte nella IV Brigata Garibaldi fino alla Liberazione. Dopo una irregolare attività pubblicistica ha fondato e diretto a Roma nel 1950 la rivista «Cultura e realtà», con la partecipazione di Felice Balbo, Claudio Napoleoni, Cesare Pavese, Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Alberto Moravia e altri. Dopo aver insegnato per quattro anni Estetica nel Centro sperimentale di Cinematografia, è entrato in Rai, divenendo vicedirettore generale per il coordinamento della programmazione prima radiofonica e poi televisiva. Dal 1987 al 1993 è stato Presidente della Rai Corporation di New York. Ha pubblicato con questa casa editrice: A proposito dell'esistenza di Dio (2002) e L'oggetto della mimesi (2003).
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