Mirandomi in appannato specchio

Mirandomi in appannato specchio

A cura di Arnaldo Di Benedetto

«Mi stimo poco durante il giorno, ma la sera, appena ho la penna in mano, credo di valere pure qualcosa». In questo diario l'autore si pone come oggetto di indagine facendosi misura e interprete della realtà storica e in essa del proprio ruolo di cittadino e di uomo.

«Mi stimo poco durante il giorno, ma la sera, appena ho la penna in mano, credo di valere pure qualcosa». I due giornali, del 1774-75 e del 1777, sono le uniche pagine diaristiche che Vittorio Alfieri abbia lasciato. Testimoniano del periodo più intenso della sua vita, quello giovanile che immediatamente precede e subito segue la sua prima tragedia (che è del 1775). Raccontano dunque della sua maturazione di uomo e di scrittore, mentre le burrasche della vita esterna e del suo mondo interno lo agitano, nel senso vero, tra i due scogli del terrore di essere un mediocre e della consapevolezza eroica di dover dire con la sua arte qualcosa di importante. Alfieri non li scrisse per la pubblicazione, sebbene precorrano il genere, fortunato nella letteratura europea, del romanzo in forma di diario: e - meglio - più che precorrerlo, ne hanno già intere la forma e la tensione. Si è discusso se Alfieri avrebbe potuto scrivere un romanzo, e perché non lo scrisse. Disputa inestricabile, naturalmente; ma fondata, come risulta da queste pagine, che fanno rimpiangere il romanzo che Alfieri non scrisse. O che forse in effetti lo sono.

Autore

Vittorio Alfieri (Asti, 1749 - Firenze, 1803) redasse questo diario tra il novembre del 1774 e il febbraio del 1775 e, dopo un intervallo, tra l’aprile e il giugno del 1777. Le pagine del 1774-75 sono scritte in francese, la lingua più familiare al poeta; quelle del 1777 in italiano (testimoniando, quindi, queste note diaristiche, anche dello sforzo di avvicinamento al «toscano» scritto). La prima pubblicazione è del 1861, in una edizione incompleta per la censura col titolo aggiunto dal curatore di Giornali.

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