«Amicizie, amori perduti ma non dimenticati, rinunce, sottili rimorsi, entusiasmi, castigo degli entusiasmi, di nuovo entusiasmi, nostalgie. Racconti così si possono scrivere solo di notte» (Antonio Tabucchi).
Amicizie, amori perduti ma non dimenticati, rinunce, sottili rimorsi, entusiasmi, castigo degli entusiasmi, di nuovo entusiasmi, nostalgie. Una sobria disforia aleggia su questi racconti, come una nevicata lieve che culli un paesaggio acquietandolo, soffocando i suoi rumori troppo fastidiosi, i suoi colori troppo vivaci, le asprezze dei contorni, gli spigoli che fanno male allo sguardo. Ma poi, sotto il leggero strato dl candido mantello sceso ad attutire il pulsare troppo febbrile di ciò che viviamo, si avverte il fuoco sotterraneo dell'esistenza, come una brace testarda che arde e si consuma, aprendo qua e là crepe fumanti, crateri incandescenti che liquefanno l'apparente nevicata pacificatrice: la malattia e il rimorso di Morte di un medico, che ricorda il doloroso vagar di pensiero dell'Ivan Il'ič tolstojano, o lo struggente ricordo di un'amicizia che era a portata di mano ma che ci sfuggì, o il ritratto di un ragazzo venuto da un paese lontano la cui gentilezza smarrita non trova corrispondenza negli altri e nella natura, e che fa pensare a certe «invocazioni» di Whitman quando, abbandonato il suo sentimento panico e tellurico, si rifugia in una fratellanza umile, quasi francescana, col mondo. L'antitesi fra arte e vita, ridotta spesso al falso dilemma fra scrivere e vivere, che affligge molta letteratura destinata all'autocompiacimento, si dissipa felicemente in questi racconti nei quali la vita diventa scrittura con tale naturalezza da convincerci che solo attraverso la sua formulazione narrativa la vita assume davvero un senso, quale che esso sia; soltanto attraverso la narrazione essa, da un fluire di puri eventi quali sarebbe, si fa spartito leggibile. E che se anche la partitura si lascia comprendere solo quando la musica è stata eseguita, almeno di quella musica svanita resta una traccia, un disegno che testimonia che essa fu. Questi racconti sono dei notturni, si capisce. La musica che si addice loro è quella di Chopin, la luce è quella di una «graziosa» luna. Che non è da intendersi con lirica leggiadria, ma piuttosto, leopardianamente (ed etimologicamente), come un diffuso sentimento di grazia e di perdono per le umane tribolazioni. E sono stati scritti di notte, ne sono certo. Racconti così si possono scrivere solo di notte. Antonio Tabucchi
1 Gennaio 2004
La memoria n. 620
164 pagine
EAN 9788838919220
Mario Specchio insegna Letteratura tedesca all'Università di Siena, dove è nato. Ha pubblicato due libri di poesie, A piene mani (Nuovedizioni Vallecchi, 1978) e Nostalgia di Ulisse (Passigli, 1999). Numerose sue traduzioni da Goethe, Hesse, Celan, e Rikle.
Chi ha consultato la pagina di questo libro ha guardato anche: