Osteria dei pittori

Osteria dei pittori

Nota di Angelo Guglielmi

Roma, dopoguerra fino alle prime luci del miracolo economico: la sera andavano da Menghi, osteria di via Flaminia. I fratelli Menghi, osti avidi soprattutto di notti avventurose e interminabili discussioni, facevano credito senza garanzie a tutti i giovani talenti dell'arte astratta e d'avanguardia, alle loro compagne e ai loro amici. Salvavano così dalla triplice censura (del mercato, del governo, del realismo socialista) un pezzo dell'arte italiana.

Roma, dopoguerra fino alle prime luci del miracolo economico: la sera andavano da Menghi, osteria di via Flaminia. I fratelli Menghi, osti avidi soprattutto di notti avventurose e interminabili discussioni, facevano credito senza garanzie a tutti i giovani talenti dell'arte astratta e d'avanguardia, alle loro compagne e ai loro amici. Salvavano così dalla triplice censura (del mercato, del governo, del realismo socialista) un pezzo dell'arte italiana. E proteggevano il fluire, insieme al vino tra i loro tavoli, di un frammento della storia - un frammento tagliato a prisma, in cui nel piccolo si rifletteva il grande. Il cineasta Pirro sedeva a quei tavoli, quasi intruso nel mondo di un'altra arte, e osservava come da dietro la macchina da presa lo scorrere di quelle immagini, di quegli eventi. Impegni, scontri di passioni, desideri, ambizioni grandi e piccoli capricci, stranezze, amori e amicizie, esperimenti fatti nel vivo delle proprie esistenze. E quel film, rimasto nella sua memoria, in queste pagine riversa (è l'Osteria dei pittori: «un racconto appassionante e divertente - secondo Angelo Guglielmi che ne scrive la Nota -. Il lettore che avrà cominciato a leggerlo non riuscirà a lasciarlo prima d'essere arrivato alla fine »). Anche da quell'osteria viene l'Italia di oggi. Angelo Guglielmi osserva che sarebbe tristissima la storia che si può leggere solo nei libri di storia. Ma le memorie, personali e letterarie, di quegli anni di formazione hanno in comune uno strano sortilegio. Narrano la vita e le scelte dei protagonisti, ed è loro la parte, loro il set e la scena, ma il soggetto sembra sempre opera di qualcuno che non compare, e che quei protagonisti non potrebbero amare se si facesse vivo. Ed è per questo che, come scrive Guglielmi, queste sono opere di storia: oltre il piacere della letteratura e del raccontare, esse della nostra storia consegnano il senso vero.

1 Gennaio 1994

La memoria n. 312

180 pagine

EAN 9788838910357

Non disponibile

Autore

Ugo Pirro, soggettista e sceneggiatore (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, A ciascuno il suo, Il giardino dei Finzi Contini, La classe operaia va in paradiso, Metello, Il giorno della civetta, tra i suoi film più noti), come opere di narrativa e saggistica ha scritto, tra l’altro, Le soldatesse (1956), Jovanka e le altre (1959), Mio figlio non sa leggere (1981), Celluloide (1983), Il luogo dei delitti (1991) e Soltanto un nome sui titoli di testa (1998). Con questa casa editrice ha pubblicato Osteria dei pittori (1994) e Figli di ferroviere (1999).

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