«Un piccolo capolavoro, americano al cento per cento» (Kurt Vonnegut). L’ascesa di un ebreo povero e ambizioso, da fattorino a tycoon di Hollywood, osservato da una specie di biografo che in lui odia e ama l’America.
Kurt Vonnegut su questo libro: «un piccolo capolavoro, americano al cento per cento». Significa che conserva la lezione del Grande Gatsby di Scott Fitzgerald e insieme la spiccata impressione di certi film americani alla metà del Novecento, quando parlano con drammatico realismo della giungla metropolitana, del mondo dei giornali e dello spettacolo. Al Manheim, il narratore che ha il tono distaccato e in fondo simpatizzante del Nick testimone, appunto, del Grande Gatsby, ci racconta in presa diretta perché corre Sammy, la sua ascesa nel mondo dei media da fattorino di redazione a produttore hollywoodiano. Vi ha assistito personalmente per essere stato redattore del giornale in cui il piccolo avventuriero aveva cominciato. Ma tra Al e Sammy sembra esserci un abisso: tutto li distingue, tanto scettico e perdente il primo, quanto entusiasta dell'amore di sé Sammy, un ebreo di origini poverissime, un vincente senz'altro talento che la volontà infrangibile di soldi e potere. Due stili opposti di vita a confronto, e due visioni etiche dell'esistenza. Ma c'è ambiguità nel modo di porgere le cose di Al, un misto di ammirazione e disprezzo, forse anche qualche caduta di sincerità nel modo in cui ne descrive i tradimenti, le meschinità, l'opportunismo, gli inganni, i successi dalla carriera all'amore, e l'unica sconfitta, infertagli, naturalmente, da una donna. E poi, in effetti, Al deve a Sammy troppi favori. O è l'America che li deve ai tipi alla Sammy? Il ritmo del racconto è quello incalzante del reporter capace di dare solennità alla cronaca di eventi quotidiani e trasferire in essi il senso della storia che si sta facendo. Di dare forza simbolica alla stupefacente naturalezza, alla ineluttabilità con cui un arrivista vive se stesso. La sua operosità da formica, nelle pagine del libro, si trasforma in un'avventura appassionante e rischiosa. E dotata della grandezza di un'epopea in fondo triste. Come probabilmente intendeva il sogno americano questo scrittore, figlio di un tycoon, prima comunista poi collaboratore del maccartismo, che avrebbe voluto essere un autore puro ma fu sceneggiatore di successo della Hollywood dell'epoca d'oro.
1 Gennaio 2005
La memoria n. 649
412 pagine
EAN 9788838920288
Budd Schulberg (New York, 1914-2009) ha scritto narrativa, reportage, sceneggiature, spesso incentrati sugli aspetti più duri della vita metropolitana; come sceneggiatore ha legato il suo nome a capolavori, quali Fronte del porto (1954, Oscar 1955 per la sceneggiatura) e Un volto nella folla (1957), entrambi diretti da Elia Kazan. Questa casa editrice ha pubblicato Perché corre Sammy? (2005) e I disincantati (2007).
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