I romantici non mangiano, i realisti lo fanno con misura e parsimonia, i veristi consumano cibo rustico e regionale, i decadenti mangiano poco e molto raffinato: un percorso culinario nella narrativa dell'Ottocento e Novecento.
Le tartine del giovane Werther di cui parla Flaubert, impreciso, nell'Educazione sentimentale; la farinata di Cime tempestose; i muffin della zia Chloe nella Capanna dello zio Tom; i pasticci di Capitan Fracassa; gli spiedi della cucina del castello di Fratta; Nietzsche, D'Annunzio e il bollito; il gorgonzola di Gadda; e altri gusti e idiosincrasie di scrittori, fino alle torte di mele che nutrivano da un oceano all'altro i vagabondi di Sulla strada. A differenza di quella d'oggi, che si sofferma volentieri a presentare i propri eroi nell'atto di prepararsi manicaretti, la letteratura del passato non s'è dedicata molto al cibo e per lo più distrattamente - osserva l'autrice di questo viaggio nelle cucine letterarie dei grandi narratori. Forse per questo la prospettiva, in questo libro, di guardare alla narrativa attraverso gli umori i sapori e gli odori dei pasti, sa offrire particolari rivelatori di intenzioni profonde, di ispirazioni nascoste e di gusti inaspettati, così come lo sguardo laterale o il dettaglio sfuggito dal controllo sanno svelare qualcosa di più dell'immagine diretta. E propone un insieme di spunti e contributi in direzione di una ricerca non ancora tentata: quella di collocare la presenza del cibo in un sistema critico consapevole. Non solo: «ogni scrittore ha il suo linguaggio privato, il suo cosiddetto idioletto, e quindi avrà anche la sua "idiocucina" e utilizzerà questo speciale tipo di descrizione nella stessa accezione personale con cui impiega tutti gli altri strumenti e stilemi». Per cui, non è raro trovare, tra gli autori, piatti e pietanze insoliti o lontani, modi eccentrici di prepararli, che si scoprono essere residui di esperienze biografiche, tracce di vissuti personali e collettivi. E di questi piatti ricostruire la ricetta soddisfa una curiosità culinaria, ma può diventare un modo per provare a percorrere sconosciuti tragitti microbiografici dei grandi autori.
2005
La nuova diagonale n. 59
268 pagine
EAN 9788838920868
Non disponibile
Maria Grazia Accorsi (Bologna, 1946) è stata Professore ordinario di Letteratura italiana. Ha insegnato Storia del melodramma, Letteratura teatrale italiana, Letteratura italiana contemporanea nelle Università di Bologna, della Calabria, di Modena e Reggio. Ha scritto sulla letteratura dialettale in Emilia Romagna dal Seicento al Novecento, sul melodramma dal Seicento al Novecento, sull'Arcadia, su Tasso, Marino, Metastasio, Goldoni, Pirandello. Fra i suoi libri di critica accademica: «Aminta». Ritorno a Saturno, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1998; Pastori e teatro. Poesia e critica in Arcadia, Modena, Mucchi, 1999; Amore e melodramma. Studi sui libretti per musica, Modena, Mucchi, 2001. Con questa casa editrice ha pubblicato Personaggi letterari a tavola e in cucina. Dal giovane Werther a Sal Paradiso (2005).
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