Perfetto decadente fin de siècle, il principe Zaleski scioglie trame misteriose col cervello e un po' di magia, annoiandosi molto.
All'origine, il genere poliziesco era considerato una buona palestra per i giovani scrittori: un paradigma rigido da declinare in varianti personali. Con questo spirito, nel 1895, il giovane Matthew Phipps Shiel (amico di Wilde e Beardsley; destinato alla fama, poi, col fantastico e visionario La nubepurpurea), scrive Il principe Zalesky e crea il suo personaggio: il primo, e forse l'unico, detective secondo i canoni fin de siècle. Esule dalla patria russa per amore, misantropo isolato nella torre di un maniero inglese decorata nel gusto - diremmo noi - dannunziano, coltissimo e fragile, il principe si dedica a studi di orientalistica e misteriosofia. È un esteta decadente: e s'annoia. Soprattutto quando il suo «Watson» (questi racconti sono anche in concorrenza con Sherlock Holmes, da poco nato allora e già popolarissimo) gli propone casi da risolvere, per pura via d'intuizione e d'intelletto, e di preveggenza quasi magica. Di essi Zalesky trasceglie solo quei delitti che davvero rientrerebbero in una delle belle arti.
1 Gennaio 1986
La memoria n. 130
144 pagine
EAN 9788838903571
Non disponibile
Mattew Phipps Shield (1865-1947), narratore inglese, ha scritto romanzi e racconti di impianto fantastico, tra cui: La nube purpurea (Milano, 1975), L’isola degli inganni (Milano, 1979).
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