«Mi ritrovai - scrive - l’intera nazione sulle braccia. Davanti al nemico questa nazione, di cui la storia ci ha tramandato soltanto avarizia e ferocia, era poco temibile: alla vista dei nostri soldati fuggiva. Ma li assassinava alle spalle». Il ritratto di Sertorio, capo della rivolta iberica dell’80 a.C. contro Roma, assume l'andamento del racconto di un dramma psicologico.
Nel Manuscrit venu de St. Hélène d’une manière inconnue, diffuso a Londra nel 1817 come memoriale autentico del «Buonaparte» ma scritto non si sa bene se da Benjamin Constant, da Madame de Staël o dallo scienziato ginevrino Frédéric Lullin, l’imperatore rievoca in più luoghi la guerriglia spagnola che aveva, per anni, snervato il suo esercito. «Mi ritrovai - scrive - l'intera nazione sulle braccia. Davanti al nemico questa nazione, di cui la storia ci ha tramandato soltanto avarizia e ferocia, era poco temibile: alla vista dei nostri soldati fuggiva. Ma li assassinava alle spalle. La guerra divenne un’arena di atrocità. Esempio pericoloso per i popoli e funesto per l'esercito». Il Bonaparte in questa guerra si impantanò: «era mal cominciata, ma era impossibile abbandonarla», prosegue, «ero condannato a vincere». È la «condanna» che inchiodò i potenti eserciti consolari romani nelle montagne della Spagna per circa un decennio, quando alla endemica e spontanea guerriglia dei «banditi» spagnoli le guerre civili romane regalarono un capo: il mariano Sertorio «il più magnanimo, il più geniale, il più degno di compassione», scrisse di lui il Mommsen, dei protagonisti dell'età sua. E fu solo col tradimento che un ambizioso oligarca, Gneo Pompeo Magno, ebbe ragione di lui.
1 Gennaio 1986
La memoria n. 138
96 pagine
EAN 9788838903724
Non disponibile
Di Plutarco questa casa editrice ha pubblicato: Sertorio (1986), Il simposio dei sette sapienti (1989), Anziani e politica (1989), Come distinguere l'adulatore dall'amico (1991).
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