Le riflessioni di storici e intellettuali scaturite dal convegno organizzato dall’Istituto Gramsci Siciliano sul ruolo dei siciliani nella Resistenza.
Non è vero, come vuole una idea diffusa, che la Sicilia non partecipò alla Resistenza. Ragioni storiche impedirono che nell’isola questa assumesse la forza, i caratteri, soprattutto la partecipazione che trovò al Centro-Nord, perché la Sicilia l’8 Settembre del ’43 si era trovata già liberata dal nazifascismo. Ma essa non mancò di dare il suo contributo al grande evento alla base del futuro assetto civile, politico e costituzionale italiano. Certamente, nei modi in cui ciò fu possibile. E sono questi modi specifici, di una effettiva stagione fondativa, che questo volume studia e mette in luce forse per la prima volta con tale ampiezza e profondità. Esso raccoglie i molti interventi ad un convegno sull’argomento dell’Istituto Gramsci Siciliano.
Dal vasto orizzonte che fornisce il testo emergono le due polarità del caso siciliano: da un lato il non freddo o occasionale coinvolgimento di molti nella guerra di liberazione, dall’altro una visibile assenza di consenso a questa lotta da parte dell’establishment, con ciò segnando quella differenza rispetto ad altre parti di Italia che lascerà tutta la sua impronta nel dopoguerra.
Vanno a combattere i nazifascisti i vecchi oppositori della dittatura, alcuni grandi leader formatisi nella politica antifascista (diventati in certi casi leggenda: come Pompeo Colajanni, il comandante Barbato della liberazione di Torino, o come Mommo Li Causi, che seppe legare allo spirito della Resistenza la lotta contadina per la terra), ma a questi «grandi» si aggiungono schiere di giovani e di gente comune, che al Nord e all’estero scelgono di continuare la lotta nel campo della democrazia piuttosto che dell’oppressione o che hanno scoperto la guerra come inganno e come crudeltà, e quindi assumono le ragioni dell’antifascismo. D’altro canto, tanto la Sicilia non è fuori dalla Resistenza, quanto non lo è dalla vicenda della Repubblica di Salò: importanti funzionari provenienti dalla Sicilia, soprattutto poliziotti, avranno incarichi di responsabilità nella RSI; inoltre, il fascismo fino all’ultimo potrà godere dell’appoggio di influenti giuristi, burocrati, intellettuali ed accademici siciliani; e questa compromissione non avrà quasi mai conseguenze nelle loro carriere dopo la liberazione, anche quando complici degli aspetti peggiori del regime. Il clima di ipocrita tolleranza così generato verso la dittatura passata sarà determinante per «il difficile ritorno»: a fine conflitto non solo i volontari della libertà non ritroveranno comprensione, tantomeno gratitudine, ma per lo più le autorità guarderanno a loro con una preoccupazione a volte grottesca (tra i «precedenti penali» di un ex partigiano, la polizia segnalerà: «deportato a Mauthausen»).
Questo volume offre dunque un quadro di realtà storica che contrasta la visione di una Sicilia immobile e chiusa in se stessa, separata dai grandi appuntamenti; visione alimentata dalle due sponde opposte dell’antimeridionalismo e della retorica sicilianista.
Scritti di: Carmelo Albanese, Massimo Asta, Luca Baldissara, Tommaso Baris, Antonino Blando, Vittorio Coco, Giovanna D’Amico, Claudio Dellavalle, Matteo Di Figlia, Michele Figurelli, Rosario Mangiameli, Andrea Miccichè, Santo Peli, Toni Rovatti, Gaetano Silvestri.
11 Aprile 2019
La diagonale n. 140
428 pagine
EAN 9788838939280
Giovanna D’Amico ha conseguito il dottorato di ricerca in Studi storici presso l’Università degli studi di Trento. Tra le sue opere più recenti: La reintegrazione degli ebrei nell’Italia postfascista. Sulla genesi di una legislazione, in «QualeStoria», n. 2, 2004; Storia e storiografia della persecuzione antiebraica in Italia ed in Europa. Militanti antifascisti ed operai deportati nei Lager nazisti (con Francesco Cassata e Giovanni Villari), in «Storia e memoria», atti del Convegno «Radici sociali della nostra democrazia. I lavoratori italiani nella Resistenza» (n. 2, 2004), a cura dell'Istituto ligure per la storia della Resistenza e della società contemporanea e di CGIL-CISL-UIL. Fa parte del gruppo di ricerca che lavora alla ricostruzione della deportazione degli italiani nei campi di concentramento e di sterminio nazisti, coordinato da Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia, presso il dipartimento di Storia dell’Università di Torino.
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