Il tema del paesaggio non come categoria estetica inventata nel Rinascimento ma come un paradigma primario di pensiero che ci accompagna da sempre nelle nostre rappresentazioni del mondo.
Che cos’è il paesaggio? Fu Petrarca a «inventarlo» salendo in cima al Monte Ventoso, o sono stati il Rinascimento e la pittura fiamminga a distillarne l’idea, molto prima che il XX secolo lo consegnasse al nuovo millennio come testimone di una crisi epistemologica? Filosofia e geologia, ecologia e architettura, arte e diritto, geografia e geopolitica, semiotica e antropologia si interessano al paesaggio come se si trattasse di un crocevia intellettuale ineludibile, un passaggio obbligato nella riflessione sulla modernità. Ma se invece di essere un prodotto culturale recente il paesaggio fosse una modalità arcaica del pensiero? L’antropologia del paesaggio sta avanzando in questa direzione qualche timida ipotesi, ma quello che manca è uno sguardo a volo d’uccello per gettare un ponte tra passato remoto e dinamiche contemporanee, tra scienza e arte, tra mente e corpo, tra natura e cultura. Esplorando il paesaggio scritto, cioè lo spazio reale che diventa spazio verbale, questo libro getta le basi per una «scienza nuova» del paesaggio. Tra antropologia filologica e anatomia dell’immaginario, l’analisi dei temi e dei testi si sviluppa come un periplo irregolare in un arcipelago complesso: più che una serie di risposte è la ricerca di un belvedere intellettuale per ripensare la mappa dei saperi.
1 Gennaio 2008
Tutto e subito n. 14
240 pagine
EAN 9788838923135
Non disponibile
Matteo Meschiari (1968) insegna Etnologia nell’Università di Palermo. Oltre a numerosi saggi, ha scritto Sistemi selvaggi. Antropologia del paesaggio scritto (2008) pubblicato da questa casa editrice, e Venuti dalle colline. Percorsi di etnoecologia (2010). Si occupa di antropologia e letteratura, ecologia culturale e arte preistorica.
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