Plinio, capo della Guardia Municipale di Tomelloso, è in trasferta a Madrid, dove è stato chiamato per risolvere il caso di due anziane gemelle scompare. Nella casa quasi stregata delle zitelle segni da decifrare e indizi un po’ impressionanti parlano di un'altra vita e infittiscono un mistero che sa di naftalina e di tenebroso drammone carnale.
Ciò che colpisce nelle ambientazioni di Francisco García Pavón, il padre nobile del giallo iberico, è l’aria da Spagna ottocentesca, benché i suoi romanzi siano di metà Novecento, dormiente e polverosa ma in certo modo rassicurante. Una specie di contraltare in chiave ottimistica di alcuni film di Buñuel (l’epoca è la stessa). Il suo placido e corpulento commissario, detto Plinio, capo della Guardia Municipale di Tomelloso nella Mancia, si attarda la mattina a ricevere i saluti nella piazza, da dove passa solo qualche possidente, il figlio del dottore, il sindaco, un paio di signore ben vestite, il parroco. Divora churros y chocolate con il veterinario e il filosofo del paese, mentre nell’aria si respira l’odor di mosto del vino dell’anno. Ma, tenuti fuori campo, si indovinano invisibili i contadini, chini sul lavoro, e le donne silenziose in casa, affaccendate. E in piazza lo raggiunge l’agente di turno che lo avverte di un nuovo caso da risolvere, ed egli pigramente l’affronta con la collaborazione dell’inseparabile don Lotario, il vecchio veterinario. In Le sorelle scarlatte, Plinio è in trasferta a Madrid, dove è stato chiamato per un’inchiesta che lo tocca. Sono scomparse due anziane signore, le gemelle Peláez y Correa, figlie del notaio di Tomelloso. Tutti le ricordano lungo gli anni: bambine, vestite uguali, indistinguibili, tanto rosse di capelli da guadagnarsi il soprannome che dà titolo al romanzo; poi fanciulle riservate e ritrose, destinate, non si sa perché, al nubilato; e infine pie dame nella capitale, dedite ad attività caritatevoli. Per iniziare, Plinio esplora l’enorme dimora, fitta di tendaggi pesanti e scopre segni da decifrare: lo «stanzino degli spiriti», nascosto, pieno di manichini a grandezza naturale che riproducono parenti e amici di Tomelloso, una collezione numerosa di bambole, un feto sotto spirito, le tracce di un fidanzato sconosciuto che finì inghiottito dalla Guerra civile, una vecchia pistola. Sono indizi un po’ impressionanti che parlano di un’altra vita e infittiscono un mistero che sa di naftalina e di tenebroso drammone carnale. Come solo, appunto, nella Spagna di una volta.
1 Gennaio 2010
La memoria n. 822
288 pagine
EAN 9788838923975
Francisco García Pavón (Tomelloso, Ciudad Real, 1919-Madrid 1989) scrisse opere, soprattutto racconti, di stile classico e influenzate dall'umorismo e dal ritratto d'ambiente di tradizione cervantiana. Raggiunse grande popolarità con la serie di Plinio, capo della Guardia Municipale di Tomelloso, un numero di romanzi di cui il primo pubblicato Los carros vacíos è del 1959 e l'ultimo Otra vez domingo del 1978, che conobbero anche una riduzione televisiva. Con questa casa editrice ha pubblicato Il regno di Witiza (2008), scritto nel 1967.
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