La sosta

La sosta

La sosta imprevista di un treno, una tappa casuale nel tragitto routinario del narratore. Cosa succede a una persona costretta per cause accidentali a fermarsi, a fermarsi veramente e del tutto, a bloccare ogni attività?

La sosta imprevista di un treno, una tappa casuale nel tragitto routinario che porta il narratore da Roma a Firenze; cui corrisponde una faglia fino a quel momento nascosta, una cesura sottile e profonda nella coscienza di se stesso, nella sensazione della propria esistenza, nell'immagine che la vita riflette di se stessa mentre la si vive. La sosta porta in epigrafe una frase di Hegel, il filosofo della «forza magica del negativo», il filosofo della infinità: perché è, a suo modo, un racconto sulla infinità. Cosa succede a una persona costretta per cause accidentali a fermarsi, a fermarsi veramente e del tutto, a bloccare ogni attività? Succede che la vita appare come è forse veramente, e nascostamente: un risolversi continuo, direbbe Hegel, del finito nell'infinito. Un aggregarsi di metafore vagabonde, ma di una forza di significato autoevidente, che trasformano l'aritmetica del tempo regolare in esistenza concreta. Come la ricostruzione, attraverso i segnali che provengono dal paesaggio dal calore dall'ora, di una battaglia di duemila anni fa sul lago Trasimeno dove si infranse il sogno democratico di un console romano (la descrizione di una battaglia verso cui tutto il racconto inaspettatamente tende e irresistibilmente ne è sedotto).

Autore

Giovanni Ferrara (Roma, 1928-Pavia, 2007) è stato senatore per diverse legislature e professore di Storia Antica nell’Università di Firenze. In questa stessa collana ha pubblicato Il senso della notte (1995) e La sosta (1996).

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