Una raccolta di malinconiche novelle che il loro autore si rifiutò di chiamare favole. Nell'aia, come nella storia, irrompe il caso. E niente è più uguale a prima.
Franco Vegliani era uno scrittore appartato, letterariamente solitario per destino e certamente per vocazione: pur essendo autore, almeno, di due opere, La frontiera e Processo a Volosca di importante significatività. Leggendolo si comprende quanto il destino di solitudine sia inciso nella sua opera, perché opera di malinconia nel senso più stretto del termine (quindi opera di intenso sentire, ma vago, di pessimismo ma non perentorio, assolutamente ribelle alle classificazioni). E leggendo queste Storie di animali si capisce perché Vegliani si rifiutava di considerarle favole - pur avendo delle buone favole la fulmineità, la semplicità e i personaggi animali -, preferendo chiamarle storie vere. Tra gli animali dell'aia irrompe il capriccio fatale del caso, scagliando lontano, oltre ogni senso, «il remoto perché delle cose» che sembrava, sino a quel momento, raccolto nel nido tranquillo della vita sull'aia. Irrompono le ragioni irrefutabili della malinconia: e poiché tali ragioni comprende chi le condivide, Vegliani non le argomenta, non le rafforza, semplicemente le mostra. Nei romanzi maggiori sullo sfondo della storia, in questi racconti su quello di una piccola natura: entrambe, la storia e la natura, indifferenti.
1 Gennaio 1991
La memoria n. 241
77 pagine
EAN 9788838907470
Non disponibile
A parte il giudizio di Claudio Magris («Vegliani era autore di uno dei libri più belli della letteratura triestina del dopoguerra») i romanzi di Franco Vegliani (1915-1982) non ebbero in vita un giusto rilievo. Questa casa editrice ha pubblicato Processo a Volosca (1989) e Storie di animali (1991).
Chi ha consultato la pagina di questo libro ha guardato anche: