La Valle del Vecchio

La Valle del Vecchio

«Queste pagine raccontano la storia di due stirpi familiari, una del sud e l’altra del nord. Due culture, due modi diversi di guardare al destino, due mondi lontani che hanno trovato un punto, un anello di congiunzione: quello, antico come il mondo, di un amore e di un matrimonio. Questo libro non è un romanzo, frutto di immaginazione, ma è piuttosto la cronaca sobria di fatti, avvenimenti, eventi, nei quali l’ala della fantasia ha svolto funzioni solo connettive e marginali. Sono storie un po’ allegre e un po’ tristi, a volte struggenti (se fosse musica sarebbe un blues), ma sempre venate di ironia e piene di sorprese e di colpi di scena» (Giovanni Iudica).

Tra caso e necessità potrebbe dirsi che si dipana questa storia della famiglia dell’autore lungo due secoli, scritta come un romanzo ma fondata sull’archivio dei documenti, delle testimonianze e dei ricordi. Il caso è l’origine. Il capostipite, Sebastiano, nasce, come segnato da un destino aperto, né nobile né del tutto plebeo, né privilegiato né del tutto abbandonato senza protezione: dall’amore di un potente signore territoriale, un Duca, e di una pastorella bellissima ma ancora una creatura quasi del tutto appartenente alla natura. E questa nascita, così caratterizzata, ne fa una persona determinata e fiera, di intransigente individualismo, decisa ad affermarsi con la tenacia e con il lavoro, imprenditore di novità ma rigorosamente fedele alla tradizione. Prima il lavoro dei campi, poi l’apertura di uno spaccio per i contadini, poi ancora l’allargamento dell’esercizio, fino a quando può cominciare ad acquistare terre anche lui e mettere su manifatture; e intanto il desiderio romantico di sapere qualcosa dei suoi genitori, la scoperta della verità e l’incontro con la sorella separata. Da quel capostipite discende, come necessitata dall’origine, una stirpe di uomini e donne, che hanno radici profonde nel loro paese dominato dal Vulcano Etna, ma che saranno incessantemente sospinti – con una divisione dell’animo che si trasmette come un codice genetico – verso i luoghi del mondo dove si forma la modernità. L’America, per alcuni, tra fortune economiche pazientemente accumulate, matrimoni, fughe e tragedie; il Nord Italia, Milano, per altri, motivati, con la tenacia intraprendente che è il segno della famiglia, allo studio e alle professioni. E qui l’innesto, nel tronco originario siciliano, di un’altra stirpe di contadini arricchiti della Val Padana, il cui «caso » posto all’origine è stato un ritrovamento quasi favoloso, un tesoro ottenuto con l’astuzia, e forse la violenza, durante il caos di una guerra antica. E la storia della famiglia si sdoppia. Mentre, sullo sfondo delle peripezie delle generazioni, scorre il fiume lento della storia vera: risorgimento, guerre, fascismo, l’epopea dei migranti, arretratezze e miracoli economici. E si staglia, fermo e testardo, il perdurante dualismo italiano tra il Nord e il Sud, affresco dipinto come dalla stessa mano a due velocità diverse.

Autore

Giovanni Iudica è professore ordinario di Diritto Civile e Dean della School of Law dell’Università Bocconi di Milano. Ha pubblicato con Sellerio Il principe dei musici (1993, Premio Diego Fabbri, ripubblicato nel 2009), Orfeo barocco (1999), dedicato alla figura di Alessandro Stradella, La Valle del Vecchio (2009) e Il cappello dell’ammiraglio (2011).

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