Tratto da www.Pontediferro.org di Filippo Piccione Mi capita spesso, ma credo capiti alla maggior parte dei frequentatori delle librerie, di prendere in mano un qualsiasi volume ed essere attratti e coinvolti oltre che dal titolo, anche da una nuance; aprirlo a caso e scorgere una frase che ti fa riflettere, così come un tratto biografico dell?autore o del personaggio o della ?storia? di cui si parla; un dettaglio che ti colpisce particolarmente. Il libro che ho comprato e poi letto interamente senza alcuna temporale interruzione significativa: ?Le autoblinde del Formalismo? Conversazione con Viktor B. Skloskji di Enzo Roggi, Sellerio editore Palermo, assomma tutti questi elementi. Voglio però in special modo segnalarne uno. Ed è questo. Si tratta di una intervista-conversazione fra Enzo Roggi, inviato dell??Unità? a Mosca e Viktor B. Sklovskij, considerato il massimo rappresentante del formalismo russo. Essa avvenne il 22 novembre 1968, fu rielaborata un anno dopo, giunse in Italia e subito depositata nell?archivio cartaceo del giornale dove rimase fino al 1994. Quando la redazione cambiò sede e il responsabile dell?archivio la restituì al suo legittimo titolare, Roggi non sapendo, nell?immediato, che farsene, la lasciò ?dormire indefinitivamente tra le (sue) carte?. Dovettero passare dodici anni prima di maturare l?idea che quella intervista-conversazione potesse diventare un libro. Accanto a questo singolare aspetto della vicenda, l?altra ragione che mi ha spinto a leggere il libro è che il materiale che ha comportato un?intensa giornata di ?lavoro?, fu raccolto nel novembre del 1968. E? vero che in quell?anno si è al culmine del dissenso manifestatosi a seguito dell?invasione della Cecoslovacchia da parte delle Forze Armate sovietiche, ma è anche vero che l?influenza e il condizionamento dell?URSS, sul piano politico ed ideologico, e su quello economico e culturale, era quasi totale sia al suo interno che nei confronti dei paesi cosiddetti satelliti. Senza poi considerare che il suo ruolo di seconda super potenza influì per lunghi anni sullo scacchiere mondiale. Anche il 2006, non solo per l?anno in sé che non ha nulla a che vedere con le questioni che stiamo trattando, ma per la distanza che lo separa dalla caduta del Muro di Berlino e i regimi comunisti dei paesi dell?Est, suscita curiosità e interesse. L?89, l?anno con cui E.J. Hobsbawm chiude il secolo XX, iniziato il 1914. ?1914-1991 ?Il secolo breve ? l?era dei grandi cataclismi? è il titolo di un suo celebre libro. ?Nessuno scriverebbe la storia del ventesimo secolo allo stesso modo in cui scriverebbe la storia di qualunque altra epoca?. Traggo questo passo da una delle recensioni del libro di Hobsbawm per poter sostenere che Roggi ha invece potuto raccontare un pezzo di storia come se questi eventi, in un certo senso, non si fossero verificati, avvalendosi dell?apporto di un interlocutore ?speciale? che ?rappresenta la fonte più innovativa della critica letteraria contemporanea?. Vissuto per intero il secolo breve ? e parte del precedente con una funzione fondamentale ? il fondatore del Formalismo russo fu ?il protagonista di tutte le avanguardie che lo stalinismo annientò, rimanendo tutta la vita a lavorare in discreto isolamento?. ?Un personaggio che appartiene a quella che lo storico Hobsbawm considerava la zona grigia del passato?. L?averla scampata, ?contrariamente a tanti suoi compagni d?avventura intellettuale, in piccola parte grazie alla sua capacità di gestire il rapporto con il potere e, in massima parte, perché gli eventi e la rozzezza del potere che avevano relegato la sua opera tra gli oggetti insignificanti e ininfluenti?, mi pare sia stata la migliore occasione in virtù della quale Roggi ha potuto realizzare un?intervista-conversazione così intensa e così ricca. Un?intervista rilasciata ad un giornalista occidentale, sia pure di un giornale amico, come ?L?Unità?, che poi tanto amico non era visto che qualche mese prima il Partito Comunista Italiano aveva espresso ?grave dissenso e riprovazione? sull?occupazione militare di Praga. E che qualche settimana dopo l?incontro ?l?intera colonia dei giornalisti stranieri fu investita dall?inedito fenomeno del dissenso intellettuale trainato dal caso politico-giudiziario Sinjaskij-Daniel?. Per evitare l?accentuarsi dei motivi di dissenso e di distanza dalle posizioni assunte dall?URSS ?la riscoperta del Formalismo russo-sovietico e il protagonismo internazionale del suo esponente più celebrato sembravano costituire una sorta di ponte diretto tra le fonti ideali e le illusioni della rivoluzione bolscevica e il presente?. Se era questo lo scopo e la ragione di quell?incontro avvenuto nel lontano 1968 che senso ha potuto avere pubblicare l?intervista ora? Si può forse giustificare a posteriori la scelta pensando ad una sorta di eterogenesi dei fini. Io sono convinto che con la pubblicazione di questo libro-intervista l?obiettivo è stato centrato in pieno e non soltanto per i motivi sopra elencati, poco esaustivi, ma anche e soprattutto per le pagine mirabili che il libro contiene. ?La messa a punto critica dell?analisi artistica come esame dell?opera come pura forma, artificio che genera i suoi contenuti. La questione di realismo e non realismo (un quadro iper-realista è antirealista almeno quanto un quadro astratto), l?autonomia e la dipendenza dell?opera dal suo tempo, il concetto di avanguardia e di arte rivoluzionaria, i rapporti tra le varie forme d?arte e il loro meticciarsi con le manifestazioni moderne, come il cinema (che può essere l?arte delle arti perché unisce parola e pennello, verbo e immagine)?. Una storia delle numerose avanguardie degli inizi del secolo raccontata da uno che le visse tutte: ?Le fiammelle che si sono accese e si sono ben presto spente nei decenni della nostra misteriosa avventura.? E che dire poi dei personaggi evocati nel libro, e non solo i contemporanei del grande attore del Formalismo, come Majakovskij, Kandinskij, Achmatova, Esinin, Isadora Duncan, Bulgakov, Eisenstein, Mande?lstam, Malevic, ma anche Fellini, Pasolini, Bergman. Dante, Petrarca, Leonardo e l?ammirazione che egli nutre per loro e le loro opere, in particolare per la ?Divina Commedia? e il ?De vulgari eloquentia? di Dante, ?rielaboratore delle teorie linguistiche, analista della retorica e della maestria della forma? e il modello di Leonardo: ?nuova metodologia di ricerca e produzione artistica, natura ed estetica.? In tutto questo ed altro ancora c?è ?un uomo compiaciuto di sé, trascinato dalla irrefrenabile estroversione, dal desiderio gioioso di suscitare la complicità dell?interlocutore.? C?è un interlocutore che non si è fatto trasportare dall?impeto di chi aveva così a lungo esercitato il suo magistero su una materia così ?ostica,? resa così affascinante grazie anche alla sua sapiente regia. Un materiale ben custodito che Enzo Roggi ha saputo utilizzare al meglio. Impreziosita e arricchita dalle sue acute domande e da una magistrale conduzione, è venuta fuori una conversazione così singolare quanto stimolante, la cui pregnanza e il cui messaggio culturale che emerge dal libro non potevano che essere suffragati oltre che dalla grande professione di un giornalista anche da un profondo conoscitore appassionato della materia. ?La significativa e utile riscoperta post-mortem di uno dei protagonisti di una rigogliosa avventura intellettuale e civile che ha lasciato una traccia indimenticabile nell?eredità culturale del XX secolo?, sono sicuro incontrerà il consenso dei lettori e della critica.
Il libro mi è sembrato estremamente interessante. Sopratutto perchè ha ripercorso le drammatiche vicende-a volte esaltanti-dell'avanguardia russa, il suo rapporto con la Rivoluzione Russa, il suo tentativo di trasformare una rivoluzione sociale in rivoluzione culturale, la sua sconfitta. E il suo legame strettissimo con tutte le grandi trasformazioni che sono avvenute all'inizio del 900. Dalla letteratura alla musica, alle arti, alla filosofia, alcinema, alla scienza ( 1905 la relatività di Einstein).
1 Gennaio 2006
La nuova diagonale n. 61
148 pagine
EAN 9788838920110