La vicenda di un piccolo gruppo in fuga dai nazisti (si tratta di due bimbi, di cui uno ebreo, di due anziane sorelle, pure esse ebree, di una finta suora, a cui poi si aggregherà in circostanze drammatiche un enigmatico disertore tedesco) potrebbe fare pensare al classico romanzo d'azione, ma non è così. Infatti l'io narrante, di volta in volta, è Pietro, un bambino di dieci anni, ed Elvira, la finta suora, un'alternanza che, oltre a non stancare, dato l'inevitabile diverso modo di esprimersi, presenta i punti vista dell'infante e dell'adulto che non sono mai coincidenti. Il primo riesce istintivamente a vedere ciò che più si avvicina alla realtà, il secondo, ormai prigioniero della sua stessa logica, ha un approccio ben diverso, frutto di più di un ragionamento che lo porta ad avere una visione personale. Ma la forza straordinaria di questo romanzo sta nel linguaggio del bambino, nelle sue osservazioni che, ad differenza dell'adulto, non sono frutto di laboriose riflessioni, ma che risultano istintive, perfino nei suoi giudizi dei grandi. Scoppiettante, con frequenti colpi di scena, con un ritmo sostenuto e diverso a seconda dell'io narrante, per dirla con l'autore se Non tutti i bastardi sono di Vienna è paragonabile a un'opera di musica classica, La primavera del lupo è invece vero e proprio jazz, ma mai stridente e perfettamente raccordato in un equilibrio armonico di rara efficacia. Credo che non sia necessario aggiungere altro, perché quando un'opera parla da sé, con le sue qualità, è solo opportuno evidenziarne gli aspetti salienti.
La primavera del lupo di Andrea Molesini è assolutamente da leggere; ha il pathos e i movimenti di una “fuga” sinfonica. Primavera 1945. Nella laguna di Venezia un gruppetto fugge dai tedeschi verso un’improbabile salvezza nel mare. Il caso vuole che sia uno di “loro” a salvarne tre: Pietro, “voce narrante”, bambino di dieci anni, che racconta a se stesso la sua invincibile decisione di sopravvivere. (Una delle sue battute sublimi è “a me mi piace io”), Dario, l’amico ebreo, con le parole chiuse nello stomaco, dove non fanno danno, ma col coraggio di pronunciare una sentenza inappellabile come il Giudizio Finale, Elvira, nascosta in un abito da suora, che scrive un diario adulto dando più luce al monologo di Pietro. Altri pare che appaiano per venire uccisi. Allora nel racconto, dove lessico e struttura aderiscono come la pelle al corpo infantile, compare il lupo, forte, tempestivo, più efficace di Cristo o dell’invisibile Dio di Dario, lontani e imperscrutabili. Il mito infantile si oggettiva mirabilmente; a fianco, invisibile agli altri come un dio omerico, annulla la paura, permette di vivere; e quando Karl il tedesco muore, scompare. Il racconto è concluso. L’infanzia è finita. Molesini ha un raro senso dell’infanzia adulta, esiste in lui non come ricordo ma come linguaggio un se stesso di dieci anni. La scomposizione del mondo in visibile e invisibile non è avvenuta: il supremo realismo dell’infanzia domina l’unica realtà. Tutto è sondaggio, scoperta. Alla forza non resiste. “Non è che ci spari, vero?... No, dice, se fai sempre quello che dico io! va... bene... signore” Vede l’odio, l’amore, la logica che è un contro, e la morte: occhi aperti in cui cade la pioggia. Fugge senza chiuderli, a salvare la vita. L’odio ha vinto? La conclusione non risolve ma abbaglia.
No bello! Di più
Mi mancano poche pagine alla fine...libro acquistato lo stesso giorno in cui è uscito non mi ha sicuramente deluso...conoscevo già la capacità di Molesini di raccontare la realtà grazie al suo precedente libro...ma ne "La primavera del lupo" la scelta di un bambino come voce narrante è decisiva a mio parere ti fa vivere ogni aspetto della realtà in modo puro senza filtri...sia l'orrore che il bello! Decisamente consiglierei di leggerlo. A. Neri
9 Maggio 2013
La memoria n. 925
304 pagine
EAN 9788838930546
Formato e-book: epub
Protezione e-book: acs4