Tra tutti i romanzi in cui è protagonista il nostro beneamato commissario Montalbano, questo è il più maturo ( se posso permettermi l'aggettivazione), il più compiuto; è come se Camilleri avesse completato un quadro pittorico dando le ultime pennellate ai colori e ai tratteggi consegnandoci un Montalbano di grandissimo spessore. Tra le pieghe sempre più scavate del suo animo ora ricche di perfido sarcasmo ora di gaudente goduria culinaria ora di amarume venefico, s'intravede un uomo ripiegato su se stesso come se la "vecchiaia" incombente lo tradisse e, a tradimento, lo disvelasse nelle sue intime fragilità. In questa fatica letteraria due sono le alzate d'ingegno, colpi di genio architettati con sottile arguzia dall'autore: il riferimento biblico ( il vangelo di Matteo), l'autocitazione ( Montalbano legge Camilleri !). L'abbrivo della storia è il ritrovamento di un cadavere, dentro un sacco della "munizza", fatto a pezzi (30), dopo essere stato giustiziato con un colpo di pistola alla nuca, nel campo del vasio "Ucritaru". Sembrerebbe un delitto di matrice mafiosa, il cui modus operandi dell'ammazzatina richiamerebbe simbolicamente il tradimento di Giuda per trenta denari, il prezzo del sangue di Cristo. Ma, risalendo a tutta una tradizione artistico- letteraria che da Pirandello porta a Sgalambro-Battiato:niente è come sembra, la realtà non sempre è quella che cade sotto i nostri occhi, ma sta dietro le cose, dietro le persone. All'acume di Montalbano che non si accontenta delle apparenze, il fatto si presenta in tutto il suo groviglio inestricabile la cui verità è ben donde. Nemmeno Dolores, femmina straniera, colombiana di "perigliosa"bellezza, pareva finta, ma era vera ( eccome era vera!), non adusa alla sottigliezza sicula del commissario, non riuscirà a sparigliare le carte. Montalbano è sì stravolto dallo sciauro di cannella di questa conturbante donna, ma non al punto tale di non riuscire a governare corpo e mente. Attraverso una messinscena teatrale, quasi grottesca, scioglierà il "gliommero" che lo avviluppa e rocambolescamente sottrarrà l'amico Mimì invischiatonella rete della maliarda e a mettere a posto ogni cosa. Se l'ingegnosa apertura del romanzo è teatro allo stato onirico, la scena matre è l'autodifesa, interpretata con sommo sdegno davanti al questore, simile ad un attore consumato, ma la conclusione è melanconica, come un' opera dei pupi, in cui ogni rappresentazione che riusciva a portare a termine , la fatica era sempre più "pisanti". Il tono di tutto il romanzo è percorso da una vena dolente che macera il nostro Montalbano e noi partecipi lettori, cadenzata da interludi paesaggistici dove il mare è lo sfondo permanente e dove l'ironia sardonica raggiunge apici altissimi. Mai la vis beffarda e graffiante di Montalbano ha toccato ed intaccato così tanto il suo sentire e fiutare le cose, mai i suoi soliloqui sono stati dei promemoria in cui si squadernano le sue intuizioni e la loro consequenziale soluzione. Un Montalbano inedito? Lui , di persona, pirsonalmente va per ben due volte a Boccadasse, a guardare il mare che, a Vigata o a Boccadasse sempre mari è. Mah! Non ce la conta giusta, cosa sta a significare? Non c'è che dire, la penna infallibile di Camilleri ha fatto, ancora una volta centro, ma fino a quando...Montalbano potrà resistere ed esistere?
E' un capolavoro, un intreccio complesso di tradimenti da cui Montalbano viene fuori grazie alla sua cultura senza fine e alla sua arguzia. Ci sono riferimenti semiologici e l'idea è veramente originale. Opera d'arte, come gli altri del resto, ma con qualcosa di ancora più affascinante.
Secondo me il più bel racconto di Montalbano, dopo "il ladro di merendine". Camilleri è davvero insuperabile e bravissimo! Riesce ad avere sempre idee brillanti e intrecciatissime.
1 Gennaio 2008
La memoria n. 744
304 pagine
EAN 9788838922855
Formato e-book: epub
Protezione e-book: acs4