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Museo civico di Castelvetrano
Rita Alu'
1 Novembre 2019
L'Efebo di Selinunte racconta...
L’EFEBO DI SELINUNTE RACCONTA... Con il suo sguardo spiritato,l’Efebo sembra fissarmi. Inaspettatamente comincia a raccontarmi tutte le vicissitudini vissute nella sua lunga vita,ad oggi durata ben duemilaquattrocentonovantasette anni. “Avete sempre creduto che fossi un Efebo, ma in realtà io sono Dioniso Íakchos. Venni alla luce nel 480 a.C. per essere collocato all’ingresso del Tempio a me dedicato nella città di Selinunte. La mia mano protesa era pronta per accogliere le offerte che mi venivano portate. Lo scultore che mi ha dato la vita mi ha voluto di bronzo ed alto ottantacinque centimetri. E' stato molto bravo e preciso nel suo lavoro: non ha dimenticato nessuno dei miei caratteristici attributi. Sono giovane, nudo e porto sul capo la mia tipica acconciatura: una crocchia annodata sulla nuca da un krobylos serpentiforme che raccoglie e tiene in ordine i miei capelli lisci. Quando Selinunte venne conquistata e quasi completamente distrutta dai Cartaginesi, una mano pietosa mi salvò nascondendomi sotto la nuda terra della Necropoli in contrada Galera. Lì rimasi per secoli e secoli, sino al 1882 quando qualcuno mi rinvenne. Da quel momento cominciarono le mie peregrinazioni. Fui venduto al Comune di Castelvetrano che si dimenticò di me abbandonandomi in un magazzino insieme ad altri reperti. Dovetti attendere il 1928 per essere restaurato e valorizzato grazie all’intervento di Giovanni Gentile, il noto filosofo originario di Castelvetrano. Purtroppo però, nella notte del 30 ottobre del 1962, alcuni banditi mi portarono via e, dopo qualche tempo, avanzarono al Comune una richiesta di riscatto di trenta milioni di lire. Ma se oggi sono di nuovo qui, nel territorio dove sono nato, e posso ancora guardare negli occhi chi mi viene a trovare, devo ringraziare Rodolfo Siviero, non a caso conosciuto anche come lo “007 dell’arte”, il quale riuscì ad impedire la mia vendita all’estero, costringendo la famiglia mafiosa che mi aveva rubato a riportarmi in Italia nel 1968. Attraverso un simulato acquisto organizzato presso un antiquario di Foligno suo amico, Siviero consentì ai carabinieri di procedere al mio recupero. A lui sarò riconoscente per il resto della mia vita!”. Prima di andare via guardo per l'ultima volta la statuetta di bronzo che continua a fissarmi e mi accorgo che anche lei a modo suo mi sta salutando con un accenno di sorriso.
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Commenti (1)
Patrizia Fornaciari
4 Novembre 2019
Affascinante e ricco di informazioni. Piacevole a leggersi, invita a riflettere.Grazie Patrizia Fornaciari