UN TUFFO INDIETRO NEL TEMPO, UN DOLORE CHE è CARTA VETRATA
C'è un gilet sullo schienale di una sedia impagliata, in una semplice camera di una cascina nel mezzo della pianura padana.
Non sappiamo se sia di papà Alcide o di uno dei suoi sette figli, Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore. Sette giovani antifascisti illuminati, generosi, fucilati dai fascisti il 28 dicembre 1943.
Chiude lo stomaco quel pezzo di vita che c'era e non c'è più.
IN quella cascina sono rimasti due anziani genitori distrutti, due sorelle attonite, delle giovanissime vedove e dei bimbi privati per sempre dei loro padri.
Quella cascina semplice è diventata l'emblema della devastazione portata dalla guerra. Dove c'erano le stalle vi sono pezzi delle loro lettere, immagini di quel buio periodo, i riconoscimenti a papà Alcide, solo a lui perchè la mamma Genoveffa Cocconi morì poco dopo i figli.
E' possibile sostare nella piccola cucina, nella sala, nelle camere, arrivare in cima dove su una quadrisfera son proiettati alcuni video.
Bisogna passarci, davvero, perchè certe memorie non devono appannarsi, mai.