Sinfonia dalla materia
E se tutto non fosse pietra e silenzio, ma pietra da ascoltare, in cui alberga un sogno?
Un ragazzo si avvicinò a una pietra. Sguardo arguto, occhi vispi, quel masso imponente sulla strada di casa lo affascinava, ma, al tempo stesso, lo intimoriva. Era lì da migliaia di anni, e il ragazzo aveva imparato a conoscerlo come si conosce una persona cara: a occhi chiusi avrebbe saputo ritrovare ogni imperfezione, ogni venatura, i graffi del tempo che ne popolavano la superficie.
Quel giorno di tanti anni fa, la vita in paese scorreva con i ritmi lenti e noiosi di un giorno d’estate, torrido e senza vento. In cerca di un po’ di fresco il ragazzo si sedette all’ombra della pietra. La guardò in tutta la sua bellezza, scrutandola con l'acume di chi sa vedere al di là di quello sembra. Istintivamente, avvicinò l’orecchio. Chiuse gli occhi e si mise in ascolto.
All’inizio fu un suono incerto, come lontano migliaia di anni, perso nello spazio d’infiniti mondi inafferrabili. Il ragazzo si scoprì a parlar da solo, o meglio con la pietra: “Ti ascolto”, le sussurrò. E la pietra parlò, anzi, risuonò tutta e fu una melodia dolce, viva, senza tempo. Tornato a casa per il pranzo, il ragazzo raccontò il suo personale concerto: “che sciocchezze”, gli dissero, “la pietra è pietra, piantata a terra come un asino, né parla, né suona”.
Di lì e per trentacinque anni, Giuseppe Sciola detto Pinuccio lavorò quella e altre pietre, inseguendo la melodia udita quel giorno d’estate, suono primigenio e insostituibile.
Dopo intagli, ingegni e preghiere a perché suonasse di nuovo, un giorno d’autunno, i capelli adesso grigi e la schiena provata da tanto impegno, la pietra cantò di nuovo e si svelò al mondo. Pinuccio ne aveva liberato l’anima.
Mi piace pensare che sia iniziata così l’avventura di Pinuccio Sciola, un uomo la cui arte ha solcato i mari e i cieli per giungere in terre lontane ma il cui cuore è a San Sperate, un piccolo paese poco lontano da Cagliari. Pinuccio non lo lasciò mai. Questo fazzoletto di terra era il cuore del suo immaginario, la palestra del segreto che si apprestava a liberare. Dopo tanti anni di esperimenti, la rivelazione: attraverso una serie d’intagli alcune pietre, se percorse dalle dita, producono dei suoni. Una parte di queste opere sono oggi raccolte in un luogo magico, il giardino sonoro di San Sperate. Con Beatrice, la mia compagna, ci arriviamo un giorno afoso di inizio giugno. Il paese è assolato, deserto, i muri percorsi da murales colorati. Poi, il giardino. Si apre in tutta la sua bellezza con le pietre dislocate in uno spazio diffuso, in mezzo agli alberi di aranci e limoni. Il contatto con la pietra diventa subito un dialogo intimo: passando le dita sugli intagli delle pietre, come tastiere di un pianoforte, ci improvvisiamo compositori. La descrizione a parole è riduttiva, e neanche il più bravo tra gli scrittori farebbe giustizia alla bellezza del concetto, ancor più memorabile nella sua applicazione. Ogni pietra, poi, si comporta a modo proprio: i suoni variano dall’una all’altra.
Nel viaggio di ritorno verso Cagliari, la nostra mente è affollata da questa rivelazione inaspettata. Come Pinuccio, anche noi abbiamo un suono che ci terrà compagnia, a ricordarci la segreta bellezza del mondo.