L'OCCHIO DI NEFERTITI
L'Occhio di Nefertiti
di Luca Migliorisi
E’ una città complessa Berlino, splendida ma piena di suggestioni. Già all’arrivo si nota qualcosa che non quadra. E’ come un bellissimo dipinto inquadrato in una cornice storta. Probabilmente ciò è dovuto a quello che lì è successo nello scorso secolo; aveva ragione Wenders : c’è qualcosa di particolare nel cielo plumbeo sopra Berlino. E’ una città che ha in sé la condanna di essere il simbolo di qualcosa che deve essere ricordato : Il nazismo e i suoi orrori codificati.
Il giorno dopo l’arrivo, di mattino tardo, ci recammo verso il Museo Egizio, il Neues Museum ; percorremmo un lungo e largo viale dritto, che di nuovo mi diede una strana vertigine, sempre nel ricordare essere stato percorso in pompa magna dall’orrido hitler ( che va scritto sempre minuscolo).
Passati che fummo dall’ingresso del Museo , in stile neoclassico dei primi del novecento, incominciammo a osservare i sarcofaghi e le mummie. Era evidente la sacralità delle loro posture, l’attenzione messa nei manufattii per evidenziare particolari anche minimi, l’accuratezza nell’avvolgere le mummie in garze intrise da mille unguenti e spezie, la bellezza dei gioielli d’oro e dei vasi multicolori da riporre nelle tombe accanto ai cadaveri mummificati. Cui Prodest ?, mi chiesi; erano dei morti, chiusi in sarcofagi, in luoghi chiusi, nessuno avrebbe mai visto quegli oggetti nell’ottica di chi li aveva creati, anzi erano stati creati apposta per finire nell’oblio. Dovevano davvero credere ferocemente negli dei egizi, in Atum Ra in particolare, visto che gli oggetti che stavo osservando appartenevano al Nuovo Regno. Salendo le scale in marmo rosa del museo mi accorsi di come gli scalini fossero stranamente alti, difficili da percorrere. Perché ?, mi chiesi; forse perché si voleva rendere, all’inizio del secolo scorso, difficile accedere al sapere. Un po’ come oggi, in fondo; far accedere alla cultura e alla storia il popolo è pericoloso per i potenti.
Arrivammo al secondo piano, famoso per ospitare il busto di Nefertiti.
Nefertiti era la moglie del Faraone Akhenaton, che spazzò via tutti gli dei precedenti per sostituirli con il dio Amon e altri sottodei nuovi, un po’ come i santi per il cattolicesimo. Prima di entrare nella stanza (nera) di Nefertiti, mi soffermai ad ammirare alcuni grandi vasi in terracotta su cui erano dipinti degli strani pesci blu. Anche loro venivano considerati divini, in quanto si nutrivano di germogli di loto blu.
Il loto blu (sheshes in egizio) era considerato sacro in quanto simboleggiava il Faraone. Lo rappresentava perché ogni notte il suo rizoma trascinava sott’acqua il fiore del loto ( il loto è simile a una ninfea e vive galleggiando ), per farlo risorgere la mattina dopo, per questo è completamente impermeabile, similmente al Faraone che muore per risorgere a nuova vita.
La stanza dove era esposto il busto di Nefertiti era quasi al buio, lo illuminavano alcuni faretti. Non vi era niente altro nella stanza nera, ad eccezione di numerosi addetti alla sorveglianza vestiti di nero ( le guardie del corpo della Regina?).
Mi parai di fronte a Lei. Aveva un occhio diverso dall’altro, ma era bellissima. L’imperfezione dell’occhio sinistro bianco, senza iride né pupilla in tutto quello splendore mi diede una vertigine degna di Stendhal.
La pelle brunita, i gioielli e il copricapo finemente dipinti, il naso perfetto, le labbra sottili lievemente inarcate in un’espressione sibillina degna della Gioconda, mi rapirono. Rimasi ipnotizzato da quel viso enigmatico e potente, né dolce né crudele, simile a quello di qualcuno che si sta ponendo una domanda a cui non c’è risposta umana, come una sfinge in carne e ossa. Non era possibile, secondo me, che quell’occhio si fosse scolorato nel tempo o non fosse stato dipinto per fretta o incuria. L’occhio sinistro di Nefertiti era bianco scientemente.
Cosa mi voleva dire quella bellissima donna con quell’occhio ?
Forse non credeva ai culti antichi e voleva lasciare una porta aperta alla sua anima?
Forse voleva indicare la dualità dell’essere umano, o, ancora, indicarci che l’anima non c’è e dopo la morte c’è solo il nulla, ma un nulla bianco, bello, rassicurante?
Uscii dalla stanza nera con la sensazione che la Regina mi guardasse da dietro intensamente, mi sembrò che addirittura una parte di Lei mi seguisse, fino alla repentina uscita dal Museo.
Ancora oggi tornato a casa in Sicilia Orientale, dove vivo, mi pare talvolta di scorgerla in lontananza, intenta a fissarmi nel buio, con il suo Occhio Lattescente.