Mostra “Contemplazioni: i visionari”
Sola, e un corridoio metallico, privo di suoni. Nessuno intorno a me. Lo percorro, mi guida ad una stanza, rischiarata appena. Ora una nenia magica rintocca ad ogni mio passo, non capisco da dove arrivi, ma non mi importa: starà con me fino alla fine. Sembra la melodia incantata di un carillon, familiare e arcana nelle stesse note; peccato non ci sia nessuno che danzi per lei.
Guardo le pareti e vedo affiorarvi delicatamente, come un segreto rivelato con dolcezza, una tinta grassa, spessa. La guardo e cola giù e la cornice, che dovrebbe avvolgerla, si scopre all'improvviso impotente, fin troppo materica, per una sostanza così libera e sfuggente, che ora fluttua fino al soffitto.
Giro l’angolo. Sussulto: ci sono degli occhi, mi fissano. Ben due paia di occhi, ben due teste di animale, ma lo stesso, unico corpo, in una innaturale condivisione. Mi accorgo di non averne paura e vorrei guardarli meglio, parlare con loro, ma sento di non avere più molto tempo; intravedo un corpo, in lontananza, e mi avvicino. C’è una donna, distesa su un letto di foglie, serena nella sua totale nudità, un ortaggio al posto delle gambe. Ha gli occhi chiusi e dorme sotto un raggio di luna; forse il mio è solo un sogno, forse sono nel suo sogno. Provo a svegliarla, a svegliarmi, ma intuisco che c’è un luogo ancora che chiede di essere visitato. Ed io lo attraverso, mi lascio inghiottire dal rosso cupo dei suoi muri, cosparsi di trasparenti piccoli oblò. Proprio lì dietro scorgo, rintanate, orrende mummie rattrappite, dai sorrisi sghembi, scheletri di quella vita che non abbiamo saputo vivere, che abbiamo ignorato. Chiamano il mio nome, ma forse sto sognando anche questo.
Un ultimo passo e sono fuori, è tutto finito. C’è molta luce qui, ed è rassicurante.