La prima volta
– I bambini entrano gratis, lei invece deve pagare il biglietto!
– Quant’è?
– Cinque Lire!
– Cinque Lire? Guardi ho solo questa moneta!
– Mi dispiace, ma non ho il resto!
Io, mio padre e mio fratello avevamo appena salito l'enorme scalone monumentale del Palazzo delle Scienze all'EUR. La luce diafana di una mattina domenicale di inizio primavera penetrava immane delle grandi aperture. Era il 1975 e non ero mai stata in un museo. A parte noi e il solerte funzionario alla biglietteria non c'era nessuno. Nessuno sulle scale, nessuno nelle sale, nessuno fuori nell'immaginifico quartiere dell'Esposizione Universale di Roma che negli anni Settanta la domenica era più deserto dell’Universo. Io avevo sette anni e mezzo, mio fratello sei e mio padre discuteva con l'uomo delle regole che non ci poteva fare entrare perché non aveva da cambiare le cento Lire che gli aveva dato papà. Alla fine però entrammo. Senza il biglietto? Trovò il resto? Fatto sta che entrammo. Ora il museo in questione è il Museo con la M maiuscola, è il progenitore dell’idea stessa di museo ed era il mio primo museo. Vidi le incredibili attrezzature degli uomini dei ghiacci, vidi gli orridi oggetti rituali degli abitanti dell'equatore, vidi crani di uomini vissuti nella notte dei tempi, vidi le colorate piroghe dei popoli che navigavano agli antipodi, vidi che tutto quello che mi avevano raccontato e che avevo immaginato nelle storie d’avventura era vero. Insomma mi trovavo nell’incredibile, inafferrabile Museo Preistorico Etnografico Luigi Pigorini.
Negli anni ci sono tornata, di tanto in tanto. Le collezioni venivano spostate, smembrate, riunite, integrate a seconda dell'ultima corrente antropologica, dell’ultima scoperta archeologica o dell'ultima teoria scientifica. Oggi è sempre lì, ingrandito, accorpato, unificato. Si chiama Museo delle Civiltà. Una schiera di studiosi di ogni disciplina è pronta a spiegare tutto. Ma non lasciatevi ingannare. Nessuna conoscenza, scienza o scoperta riuscirà mai a cancellare il fascino strisciante di quelle mirabilia. Lo stupore è ancora lì. Inafferrabile.