rimedio:
Parise Goffredo, I sillabari, Milano, Adelphi
Poesie in prosa? Piccoli poemi in prosa? Prosa poetica? Sillabario “zen”? Questo libro, apparso in due raccolte nel 1972 e nel 1982 (ed ora riuniti per la prima volta), sembra sfuggire costantemente a qualsiasi tipo di catalogazione. Un progetto che si presenta a noi nella sua incompiutezza (il sillabario dove concludersi alla Z) perché nella “vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri”. Ma è Parise stesso che, in un’avvertenza datata gennaio 1982, confessa il proprio parziale “fallimento”, e l’abbandono proprio alla lettera S della “poesia”: “e a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore”. I cinquantaquattro racconti (che nel disegno farebbero pensare a degli haiku) dei Sillabari sono apparentemente semplici, fragili, leggeri, quasi dettati dal caso (ma è la poesia a governarne il ritmo, la prosa ariosa e semplice, l’attenzione alle piccole cose). Racconti come sentimenti umani (dalla A di amore alla S di sogno) dove dentro ci siano tutte le nuances, le sfumature, i piccoli segreti, quei particolari spesso insignificanti che costituiscono una vita, o tante vite, simultaneamente. La scrittura, al suo grado zero, è quasi inafferrabile nella sua semplicità, nel suo ritrarsi costante e consapevole ai tranelli e al mestiere, evocativa nel suo rifiuto quasi pudico dell’artificio e della finta poesia. Ha in sé una grazia (si legga il racconto omonimo) che riesce ad illuminare tutto con il suo cono di luce. Una semplicità, che fa pensare proprio ad un gesto zen, che si sottrae volutamente a qualunque imbrigliatura critica. Ma che porta con sé tutta la malinconia della vita che fugge, dei piccoli gesti che verranno presto dimenticati, e che, grazie alla scrittura di Parise, sembrano rivivere per un attimo fugace e sfuggente. Proprio come la vita. Luigi Toni